Regia di Tom Ford vedi scheda film
L'alter ego di Lynch, lo stilista Tom Ford che ci aveva, se non entusiasmato, delicatamente intrigato col suo unico precedente film, A single man, ci propina tre incastri temporali narrandoci una storia di presuntamente sottile e raffinata vendetta.
Tutta una serie di protagonisti frustrati, falliti, traditori, assassini, provocatori; che siano frutto di una società emarginata oppure opulenta ed eccessiva, dove l'arte moderna si estremizza, e si identifica, nelle grassone danzanti di inizio pellicola. Grassone che scorgiamo, poi, per simmetrie forse solo fordiane, anche fuori del locale frequentato dal, forse , più balordo del film.
Una pellicola che sfrucuglia reali miti del passato come Sleepers o Cane di paglia, facendogli appena un vago solletichino.
Susan, gallerista alternativa di successo, convive, in un rapporto freddo e formale, con un coniuge lontano da lei ormai anni luce, e un bel giorno riceve, dopo vent'anni di separazione dal primo marito, il romanzo di esordio (?!) dell'ex, con espressa dedica a lei.
Inizia a leggere e scatta, cinematograficamente, il piano figurativo del romanzo che si dipana nella mente di Susan, e alternativamente al presente ed al narrato, si apre una terza finestra sui ricordi del rapporto di Susan col primo marito, Edward, autore del romanzo, sui contrasti di una Susan giovane e sognante con la madre, che giudica Edward uno senza futuro ed il suo ribelle volersi affrancare dai genitori (“Hai gli stessi occhi tristi di tua madre” “..no..” “Ma non te lo dico per offendere..” ..si lo so, detta così fa un po' ride ma non sarà l'unica incoerenza cui assisteremo), ma tant'è che alla fine metterà da parte il suo idealismo beccandosi un bel rampollo altolocato, tornando alla vita da upper class e mollando lo “scrittore”.
I tre piani si alternano efficacemente, da un punto di vista tecnico, emotivamente invece, trovo elementare espediente separare una porzione di società iper lussuosa, depressa e ipocrita, dall'ambiente dark e banditesco che caratterizza il romanzo (romanzo poi... a parte che c'hai messo vent'anni per farlo caro Edward, tormentato da Susan e dal suo voltafaccia, c'aveva raggione tu' socera... eppoi uno scrittore come si deve, con quella storiella ci fa un raccontino di una decine di pagine al massimo..), col risultato di stucchevolizzare e deprezzare anche scene visivamente valide, come il ritrovamento di moglie e figlie rapite e uccise.
E non vogliamo stare a indagare su scene - tutte artificiosamente necessarie a creare pathos - ma abbastanza inconciliabili e irreali per un'utenza appena attenta, tipo la polizia che passa senza fermarsi durante la scena del rapimento, il fuggiasco che con gli inseguitori appresso si mette tranquillamente a dormire nell'unica baracca del circondario, il poliziotto che molla Edward da solo e non lo cerca più, Susan che resta una vita al ristorante nonostante lui non arrivi... insomma, cosette che si vedono solo in certo cinema superficialmente pretenzioso, e questo di Tom Ford lo è, pretendendo di spiegare al mondo tutto lo scibile della scelleratezze umane.
Molta ingenuità e tanta compiacenza, e tanti aiutini forzatamente didascalici per un pubblico forse ritenuto distratto e da instradare sulle esatte coordinate (Susan che telefona alla figlia mentre legge il romanzo, preoccupata per le inquietanti similitudini di vita che Edward, “il debole”, cerca di trasmettere ad ogni riga, o che si blocca ebete davanti al poster gigante REVENGE da lei stessa - inconsciamente - voluto).
Questo Edward che ha rimuginato una vita questo abbandono, ha esorcizzato il suo essere debole con un personaggio che si vendicherà, suo malgrado, nel romanzo; ma che in realtà cerca un riscatto perversamente fine, verso chi lo ha voluto dimenticare, facendogli fuori pure il figlio in arrivo e lasciandolo solo, mortificato e derelitto.
Ma che alla fine da' una “buca” storica alla nostra turbata Susan, lasciandola sola al ristorante, lei che si era presentata pronta al ripristino della relazione, con un vestitino sobriamente zoccoleggiante, probabilmente disegnato dallo stesso Tom Ford, che invitiamo di cuore, per il futuro, a restarsene nel campo della moda.
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