Regia di Tom Ford vedi scheda film
Non ricordo dove, ma avevo trovato sul Web la citazione tratta da un giornale di Miami, a proposito di questo film: " Se questo film fosse una persona, sarebbe costantemente davanti allo specchio ad ammirarsi" Mi sembra perfetta!
Ho ritrovato il testo esatto della citazione che ho scritto nel commento, che ho doverosamente corretto. È di Rene Rodriguez del Miami Herald.
Gran Premio della Giuria a Venezia quest’anno, il film è un elegante racconto tratto da Tony and Susan, romanzo di Austin Wright, sceneggiato e diretto da Tom Ford, alla sua seconda opera da regista. Si tratta della storia del fallimento esistenziale di Susan (Amy Adams), proprietaria di una galleria d’arte a Los Angeles, dove erano esposte opere d’avanguardia, oltre che installazioni crudeli e molto disturbanti, come si può vedere all’inizio del film. Abbandonata dal suo compagno sempre altrove (anche nel weekend), che preferisce con ogni evidenza altre compagnie, Susan viene rappresentata nella solitudine della propria bellissima casa mentre legge la bozza del romanzo che Edward Sheffield (Jake Gyllenhaal), suo ex marito, le aveva inviato alla vigilia della pubblicazione. Si intitola Animali notturni quel romanzo, opera prima di un uomo che aveva sempre adorato scrivere e che ora, finalmente, aveva trovato un editore disposto a credere in lui.
Edward era stato un vecchio compagno di liceo, segretamente innamorato di lei, che Susan aveva casualmente rivisto a New York quando ancora era una studentessa della Columbia University: l’incontro inatteso aveva ravvivato l’attrazione reciproca, che ora si accompagnava ai sogni e ai progetti per il futuro: era stata lei a volere il matrimonio, nonostante i tentativi di dissuasione di sua madre, bella e cinica signora texana, molto scettica sulla possibilità che durasse nel tempo l’unione fra la giovane figlia, educata dalla sua nascita ai “valori” conservatori della famiglia che avrebbe presto riconosciuto come propri e un ragazzo senza storia, come tanti illuso che anche per lui sarebbe venuto il momento del successo, attraverso la scrittura.
La profezia era stata fin troppo facile: Edward non aveva condiviso la volontà di Susan di dedicarsi al mercato dell’arte aprendo la galleria di Los Angeles, cosicché fu, dopo solo due anni, abbandonato al proprio destino in modo duro e molto umiliante. La storia triste di quell’amore naufragato non viene raccontata nel modo diacronico col quale ho cercato di parlarne: emerge a poco a poco, sotto forma di flashback che riportano alla memoria dolorosamente i momenti irripetibili di un passato che Susan aveva stoltamente sprecato e che ora forse vorrebbe ricuperare. Questo è però solo un aspetto del film, che abilmente intreccia le immagini di quei ricordi con altre evocate dal romanzo di lui che ora Susan sta leggendo avidamente: si trattava di un thriller cupo e teso, del crudo racconto dell’orribile aggressione sfociata nel sangue, subita da una coppia di coniugi, in viaggio di notte con la figlia adolescente, su una deserta strada del Texas e della vendetta di lui, unico sopravvissuto, trasformatosi in killer (il riferimento più prossimo è Cane di Paglia di Sam Peckinpack). La prosa avvincente di Edward era stata capace di trasformare la notte insonne di Susan in un continuo incubo angoscioso.
Come si vede, la storia che il film ci presenta è complicata e richiede un’ottima sceneggiatura per tenere insieme i frammenti di memoria, la coscienza di un presente fallimentare, nonché il thriller contenuto nel romanzo. Miracolosamente il regista supera con eleganza la prova, dimostrandosi davvero un narratore di razza, come Edward. Mi permetto, però, di ribadire quanto avevo già espresso, a proposito del suo primo film, A single man, qualche anno fa: accuratissime le immagini, grande eleganza formale, ottima sceneggiatura, impeccabile direzione degli attori, ma quanta freddezza in tanta meticolosa e compiaciuta perfezione!
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