Regia di Tom Ford vedi scheda film
Il presente reale, lussuoso, pieno di impegni mondani e di eleganza sfarzosa, di cristalli, auto con autista, long drink, e quel racconto che pare giunga dalla memoria più recondita del passato, ambientato nel più profondo Texas polveroso e arido, abitato da ombre minacciose e oscuri ripari sono due mondi lontani, due pianeti lontanissimi.
Nel viso immobile e curato di Susan sono racchiusi sentimenti e storie presenti e passate. Sul suo affascinante viso è scritto tutto il film ed sono scolpite le due storie che vi si intrecciano, quella che lei sta vivendo e quella che sta leggendo. Susan è lì, ferma, come se stesse aspettando qualcosa che tarda a succedere: è il marito Walter che lei attende inutilmente, negli ultimi tempi sfuggente ed evasivo, diviso com’è tra gli impegni della sua attività imprenditoriale che va peggiorando e la giovane ragazza che glielo sta rubando. Susan ha una cicatrice che sembra rimarginata ma che può facilmente sanguinare: anche se apparentemente dimenticata a riaprirla provvede un plico appena giunto, una risma di carta su cui il suo ex marito Edward ha scritto un romanzo thriller di notevole violenza. È la bozza di una storia di finzione quella che legge, ma che riporta alla mente il giovanotto che la aveva così attirata da ragazza e che aveva sposato con entusiasmo contro il parere della madre, che lo aveva giudicato subito debole e non adatto al suo ceto. Susan invece era certa della forza di quest’uomo e che sarebbe sicuramente diventato uno scrittore di successo. Invece il sogno, con il suo fardello sentimentale, si era infranto molto presto. E invece, dopo tanti anni riecco Edward, che le spedisce un suo romanzo. Quindi scrittore lo era veramente diventato.
Questo presente reale, lussuoso, pieno di impegni mondani e di eleganza sfarzosa, di cristalli, auto con autista, long drink, e quel racconto che pare giunga dalla memoria più recondita del passato, ambientato nel più profondo Texas polveroso e arido, abitato da ombre minacciose e oscuri ripari sono due mondi lontani, pianeti di due galassie distanti milioni di anni luce, eppure Susan si trova a viverli in contemporanea, in sovrapposizione, e soprattutto male. Il primo come logoramento del rapporto con il marito Walter, che lei cerca negli occhi e con il sorriso rendendosi conto di quanto si stia ormai allontanando; il secondo come un incubo che la sconvolge mentre legge il dattiloscritto. Non riesce a staccare gli occhi da quei fogli, (s)travolta dalle vicende narrate in cui non riesce a fare a meno di sovrapporre il viso ben conosciuto del suo ex marito a Tony, il protagonista del racconto, e quando è costretta a fermarsi è perché l’ansia e la tensione sono diventate insopportabili. Susan è stata sempre molto forte di carattere ma in questi frangenti si riscopre indebolita, anche ripensando all’errore di aver abbandonato quel giovanotto sorridente e gentile, al prezzo che ha pagato nella sua vita per aver sottovalutato e lasciato una persona con cui sarebbe stata felice. Lo cercherà ancora, deve ritrovarlo, almeno per ridare un senso alla sua vita ormai così glacialmente solitaria, ben fotografata da Tom Ford seduta sul divano mentre legge, sola ed elegantissima, inutilmente elegantissima. Lo cercherà ancora, così come il Tony del thriller che sta leggendo non ha mai smesso invece di cercare la verità sull’amaro destino toccato alla moglie e alla figlia nelle mani dei balordi texani, su cui non ha mai smesso di sperare che il tenace e burbero detective Bobby Andes potesse arrivare a mettere le mani. Lei forte e determinata si era resa debole nel corso della vita, lui, Edward/Tony, inizialmente tenero e disponibile si era invece fortificato con gli anni e con le vicende vissute. Lo cercherà ancora, deve ritrovarlo, ma è ben conscia che è una scommessa molto difficile da vincere, ma non può fare a meno di provarci. Il suo timore è: Edward accetterà l’invito?
Uno stilista diventato regista per passione non perde ovviamente il gusto per l’estetica e la cura dell’immagine. Tom Ford ci serve il massimo che ci si può aspettare e la sua sensibilità si rivela determinante nel girare un film levigato, non patinato, che sarebbe in questo caso un termine limitante, ma esteticamente abbagliante e fascinoso, che avvolge lo spettatore e lo coinvolge, e che nello stesso tempo mostra sotto il primo velo la macerazione dei sentimenti repressi, delle emozioni non esteriorizzate. Dietro quei meravigliosi occhi verdi di Amy Adams, dietro quell’espressione anestetizzata dalla compostezza assunta nel corso degli ultimi anni della sua vita, a fianco ad un uomo agli antipodi di quello che aveva deciso di abbandonare, un marito che se anche nella stessa stanza lei avverte lontanissimo, dietro tutto ciò avvertiamo tutta l’angustia delle emozioni. Film sempre in bilico su due piani: realtà e finzione, lusso e disperazione, oro e polvere, forza e debolezza, amore e incomprensione, abbandono e ricerca affannosa, strade asfaltate stracolme di auto e viottoli aridi disabitati, party pieni di luce e animali notturni, Los Angeles e Texas.
Levigatissimo e sempre in equilibrio precario. La regia cura ogni particolare e ogni particolare ha la sua importanza, ma quelli che contano di più e che contengono i messaggi più importanti sono i primi piani, così come succedeva nel precedente A Single Man: la bocca, le dita, gli anelli, il fumo di una sigaretta, il sorriso e su tutti gli occhi, e in quelli di Susan il Ford regista ed esteta si e ci lascia affogare. La tensione anche se latente è sempre presente e senza pause, serpeggia non sullo schermo ma dietro, sotto, attorno ad ogni personaggio, effetto alimentato dall’ottima fotografia di Seamus McGarvey all’altezza delle esigenti richieste dello stilista, dalla musica efficace e penetrante di Abel Korzeniowski e dal sapiente montaggio di Joan Sobel, forse la sorpresa più importante dal lato tecnico, con il continuo ribaltamento della scena dalla realtà del presente alla finzione letteraria del racconto alla pari di un passato, di un flashback. Questo andirivieni tra il vero e l’immaginario, intrecciando il tangibile e il probabile, la staticità della (finita) ricchezza e la violenza notturna, è il segreto del film. Gli ultimi due avevano già collaborato con il regista nel suo esordio.
La raffinata eleganza di Tom Ford che avevamo goduto nel suo bellissimo e delicato primo film la ritroviamo qui esaltata e quindi completamente confermata, come altrettanto risulta ribadita la sua propensione al cinema e al confezionamento di opere sempre mirabili, concepite e realizzate con la precisione di un artigiano di alta qualità.
Amy Adams (Susan) qui pare abbia raggiunto la maturità del grande salto: il film è tutto sulle sue spalle e nei suoi meravigliosi occhi, perfetta, bella e statuaria, ma sopra ogni considerazione estetica, bravissima. Jake Gyllenhaal (Edward e Tony) è sempre più un attore straordinario, istrionico, camaleontico, assolutamente a suo agio in entrambi i panni di vecchio amore di Susan e di marito sfuggito alla strage degli animali notturni. Sorprendente il Ray capo branco di Aaron Taylor-Johnson, bello e dannato come da stereotipo di bandito rifugiato nell’arida prateria texana e degno di elogi che stanno diventando monotoni è come sempre Michael Shannon, nel ruolo del detective Bobby Andes, scorbutico e scostante quanto il personaggio che si è costruito nella sua carriera ormai consolidata. Quattro eccellenti attori in primo piano ben diretti da uno stilista che con soli due film meravigliosi ha saputo affermarsi ormai definitivamente.
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