Regia di Charlie McDowell vedi scheda film
Tema di fondo molto intrigante. Sviluppo deludente, finale abbastanza sorprendente.
Lo scienziato Thomas Harbor, un Robert Redford d’annata, compie una scoperta unica, ritenendo di fornire la risposta a un quesito fondamentale, che il genere umano si pone dalla notte dei tempi. Harbor sembrerebbe in sostanza, aver dimostrato l’esistenza dell’aldilà, grazie a una macchina che registra onde cerebrali a livello subatomico, dopo la morte. Ci sarebbe quindi un altro piano dell’esistenza e questa notizia ha rivoluzionato il senso della vita, consegnando alla gente un’ottica nuova e una diversa prospettiva, paradossalmente anche pericolosa: molti esseri umani motivati dalle ragioni più disparate, dalla semplice curiosità nei confronti del mistero ultraterreno, oppure semplicemente scontenti di questa vita, si suicidano, senza tante titubanze. Il figlio maggiore di Thomas, il neurochirurgo Will disapprova gli esperimenti del padre, che nel frattempo ha fondato una comunità per accogliere ed assistere gli aspiranti suicidi. Will vorrebbe dimostrargli che in realtà la sua scoperta è pura teoria, che non dà indicazioni precise sulla possibilità di un’altra vita a posteriori. Harbor invece credendo ciecamente nella sua scoperta, non è interessato alle sue devastanti implicazioni, quindi non è intenzionato a ritrattare la propria tesi e a interrompere le sue ricerche Will, in visita da suo padre e da suo fratello Toby, che gli fa da assistente, s’imbatte nella tormentata Isla alias Rooney Mara, e la salva da un tentato auto-annegamento nelle acque dell’oceano. Fra di loro dopo un po', nasce una storia d’amore, mentre Thomas fabbrica e prova un dispositivo che registra l’esperienza dei defunti nell’aldilà e ovviamente ci fermiamo qui nella sinossi. Se le premesse sono interessanti e sembrano immergerci in una torbida e sinistra atmosfera, che ricorda le distopiche realtà descritte nella serie Black Mirror, lo sviluppo della trama non sembra ingranare con la stessa forza. I personaggi interpretati dalla bravissima Rooney Mara e da Jason Segel, non convincono del tutto e la regia spinge la trama verso una direzione sentimentale che, finisce per disperdere l’alone di mistero creato nel prologo. La fantascienza indie americana, cui appartiene questo film, è caratterizzata da una matrice comune, cioè una dimensione psicologica e introspettiva, una messinscena sobria, senza particolari effetti speciali e spettacolarizzazioni di sorta, che da priorità e spazio a speculazioni e indagini sui grandi temi, dunque esplorare l’ultraterreno, senza però chiamare in causa l’elemento religioso, ma puntando alle speculazioni della scienza/fantascienza. Solo che la scelta di materie suggestive e di spessore morale, non è sufficiente a garantire la qualità del prodotto cinematografico che poi si realizza. L’approccio intimista e le implicazioni romantiche, come già detto deviano l’attenzione sulla vicenda privata, più che sul contesto globale, oltretutto diversi snodi narrativi non appaiono finalizzati. La conclusione che non si rivela naturalmente, appare abbastanza originale e possiede un suo fascino, ma non riscatta del tutto un film che, date le intriganti premesse, nel suo sviluppo è deludente.
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