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La polizia incrimina, la legge assolve

Regia di Enzo G. Castellari vedi scheda film

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La recensione su La polizia incrimina, la legge assolve

di sasso67
8 stelle

È più un poliziesco sulla falsariga del "Braccio violento della legge" (il prologo e il finale ambientati a Marsiglia non sono scelte casuali), che non un poliziottesco sul tipo di "Milano violenta" o "Roma a mano armata". Il titolo fascistoide contiene invece un film politicamente impegnato ed orientato in realtà a sinistra, sembrando caso mai ispirato dalla famosa presa di posizione di Pasolini secondo la quale la polizia è composta in gran parte da povera gente, mentre i figli di papà stanno da tutt'altra parte. Il dubbio che viene al commissario Belli, poliziotto che si sente con le mani legate, è al servizio di chi sia la polizia, e il sospetto forte che ha è che sia al servizio dei potenti, "di quelli che pagano". E che il cuore del film batta a sinistra è dimostrato anche dalla scena nella quale il commissario riesce a placare gli operai di una fabbrica in sciopero che gridano ai poliziotti "fascisti, carogne, tornate nelle fogne!". "Voi non c'entrate con loro" dice il commissario agli operai, chiedendo di entrare nella fabbrica per inseguire un killer che vi si è rifugiato. E gli operai lo lasceranno passare. Fortunatamente, proprio quelle fabbriche che in parte furono negli anni settanta covo di odio e incubatrice di violenza terroristica, furono poi un pilastro fondamentale per fermare la violenza delle squadre rosse che seminarono il terrore (valga per tutti l'esempio di Guido Rossa, operaio e sindacalista proprio di Genova). Il film è abbastanza prevedibile, ma ben fatto, con un paio d'inseguimenti iniziali - uno a piedi e uno in macchina - di notevole scuola. La trama si fa seguire nonostante qualche intermezzo "familiare" poco riuscito (la figlia del commissario, interpretata dalla vera figlia del regista, è troppo perbenino e sentenziosa per suscitare un minimo di simpatia) e la recitazione si giova dell'apporto di bravi attori, tra i quali spicca uno dei miei preferiti di sempre, Fernando Rey (altro legame con "Il braccio violento"), nella parte del mafioso napoletano di vecchia scuola, ma molto astuto. È molto riuscita l'ambientazione genovese, tra il porto e i carruggi, così come appropriata risulta la musica, a metà tra il progressive dei Jethro Tull e lo stile dei primi Goblin, dei fratelli De Angelis.

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