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Café Society

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Café Society

di cantautoredelnulla
8 stelle

Woody torna a raccontare l'amore che non conosce limiti, interrogandosi sui rapporti umani, sui limiti determinati dalla società e sulla necessità di scegliere, prima o poi. Una regia perfetta, attori bravissimi, forse uno dei film di Allen più belli degli ultimi anni.

Ogni spettatore vede in un film ciò che vuole vedere, fino al punto di ritenere che sia il film ad avere cercato lui e non il contrario. Ecco, forse è certo che questo film mi abbia cercato. Mi chiedo perché negli ultimi 5 anni non sia mai andato al cinema a vedere i film di Woody Allen, mentre proprio quest'anno abbia deciso di farlo. Probabilmente il caso, l'opportunità dei biglietti gratuiti dell'UCI in occasione del mio compleanno o l'uscita del film in tale circostanza o forse la voglia per una volta di andare da solo al cinema con mia moglie senza guardare un cartone, o chiaramente la combinazione di tutte queste condizioni; fatto sta che questo film mi ha entusiasmato e non per la bellezza mozzafiato di New York e del tramonto visto dal Central Park, né per la Musica Jazz che "chi non la ama?"; o per le sporadiche battute ben riuscite o i bravissimi attori, dalla tenerezza di Jesse Eisenberg allo sguardo sognante e combattuto di Kristen Stewart. Semplicemente questo film mi ha entusiasmato perché vi ho ritrovato me stesso. Da molti anni dico alle persone, quando richiesta una mia opinione sul rapporto uomo - donna e sulla fedeltà, che io sono convinto che una persona possa amare due persone contemporaneamente. Non sono di certo il primo a dirlo e il cinema spesso lo racconta, ma l'espressione di chi mi ascolta è sempre a metà tra lo sbalordito e il divertito per un'opinione irriverente e intrinsecamente scomoda e pericolosa. In questo film Woody si pone la mia stessa domanda e ci propone la sua risposta. Ed è questa affinità di pensiero che mi affascina, vedere dipanarsi una storia intrecciata e incasinata come lo sono i casi della vita, con quella contraddittorietà così umana, così fragile e indifesa. E la ricerca di certezze che non si hanno, l'attaccarsi a qualcosa che possa essere duraturo e per sempre, come l'onestà e la fedeltà e la fiducia in sè. Non può essere che per scelta etica il conseguimento di un tale obiettivo, ma non è comunemente semplice e naturale. Il caso ci risparmia le tentazioni come ce le sottopone, con un certo riconoscibile sadismo citato anche nel film, quando nelle avversità e quando nei momenti di maggior vigore e a noi non resta che conviverci, non irrigidirci ma lasciarci attraversare per trovare una conferma in più, una conoscenza in più di ciò che siamo e di ciò che quotidianamente portiamo con noi. La consapevolezza della resa che ci dona una forza inviolabile e una vittoria appagante su noi stessi e la nostra apparente civiltà. Così i due protagonisti coinvolgono lo spettatore che pur non rispecchiandosi magari con loro, può sentire quanto di vero ci sia in questo racconto, nell'illusione che è sogno e cinema. E poi resto ogni volta colpito da come Allen possa creare un film all'anno dove tutto ruota intorno alla sceneggiatura. Una vena creativa così prolifica è un bene non comune e anche se nei 100 film più belli del XXI secolo pubblicata da BBC (riportata qui da Steno) non c'è neanche un suo film, io resto attaccato a questo autore molto più che ad altri per empatia, argomenti ed emozioni.

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