Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film
La bellezza statuaria di Blake Lively surclassa la ferocia in computer grafica del grosso squalo bianco, con buona pace del mitico Robert A. Mattey, artista degli effetti speciali e creatore della più grande e inimitabile icona predatoria vista su grande schermo (Jaws – 1975).
Quando si parla di squali al cinema è quasi impossibile non citare il film di Spielberg, un opera dalla meccanica narrativa perfetta e dalla messa in scena magistrale, fonte di inesauribile tensione per intere generazioni di appassionati e per questo caposaldo immortale e irraggiungibile, di conseguenza dopo la doverosa citazione lo mettiamo da parte e ci concentriamo su questo Paradise Beach (The Shallows in originale).
La bella Nancy Adams (Lively) arriva su una sperduta e misteriosa spiaggia messicana, un paradiso in terra per i pochi surfisti che ne conoscono la segreta ubicazione, Nancy ci arriva per fare surf ma anche per metabolizzare la perdita della madre morta recentemente di cancro, il posto è bellissimo e incontaminato a parte due ragazzi che cavalcano le onde, un vero spettacolo per gli occhi e per l’anima se non fosse per la presenza di un grosso squalo bianco.
Rimasta sola la donna viene attaccata e ferita alla gamba, non potendo raggiungere la spiaggia non le resta che cercare rifugio sui pochi appigli naturali e non che il mare le offre, una carcassa di balena, uno scoglio e una boa.
Il risicato plot garantisce appena una decente definizione della protagonista, il minimo sindacale per dare quel po' di sostanza all’unico personaggio in azione, il resto è puro contorno scenografico, un contorno necessario per sviluppare situazioni e creare tensione ma la narrazione non può che reggersi sullo stra-abusato tema dello scontro uomo/natura, inutile elencare i precedenti illustri anche perché Paradise Beach ha ambizioni decisamente più contenute.
Jaume Collett-Serra è regista da action movie e questa sua virata nel survival non scalfisce questa sua indiscutibile predisposizione, il suo è un cinema alimentare da “una botta e via”, spesso gradevole ma assolutamente dimenticabile, il film in questione non fa eccezione confermando però una dignitosa dimensione da puro intrattenimento, prerogativa certamente da non biasimare purché si sappia a cosa si va incontro.
E il regista spagnolo questo lo mette subito in chiaro, la regia esalta il naturale fascino del set e l’altrettanto gradita presenza femminile di una Blake Lively bella e ruspante, le prime sequenze sembrano uno spot della Rip Curl ma poco importa, non ci vuole molto ad entrare nel vivo e la comparsa improvvisa del predatore marino dà il via ad un vorticoso gioco mortale che soddisfa il nostro spirito ludico.
Niente di nuovo sotto il sole ma il regista è abile nel costruire buoni momenti di tensione, il campo di manovra è limitato ma funzionale e tutti gli elementi dello spazio scenico danno vigore alla serrata sfida, e non importa che alla fine risulti tutto abbastanza prevedibile e scontato, il divertimento non manca e tanto basta.
Del resto non è in questo genere di film che bisogna cercare il verosimile o addirittura il realistico, Collet-Serra gira almeno un paio di ottime sequenze, scene impreziosite dalla satura fotografia firmata Martinez Labiano, dal punto di vista estetico il film trova uno sviluppo coerente e funzionale, peccato che poi il tutto si esaurisca improvvisamente a causa di un finale rozzo e pasticciato, una conclusione che lambisce pericolosamente i confini dello z-movie.
Non che Paradise Beach avesse chissà quali ambizioni ma una chiusura più equilibrata e sobria avrebbe di certo giovato, restano almeno una quarantina di minuti di discreto cinema action oltre ad una protagonista che si lascia guardare con grande piacere, tutto il contrario della creatura marina in CGI, il mostro degli abissi fa in pieno il suo dovere finché resta un ombra indistinta sotto le onde ma perde tutto il suo “potere” appena mette le fauci fuori dall’acqua, e il pensiero involontario torna a quel lontano 1975 quando l'inventiva di semplici artigiani produceva incubi tangibili e indimenticabili.
Voto: 6
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