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Paradise Beach: Dentro l'incubo

Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film

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La recensione su Paradise Beach: Dentro l'incubo

di will kane
6 stelle

Una donna, una spiaggia meravigliosa e sconosciuta, e una quantità d'acqua immensa: andata a fare surf sulla spiaggia di cui le aveva tanto parlato la madre, perduta da poco, l'atletica texana Nancy ha affrontato le prime grandi onde con stile e senza timori, ma nel mare c'è un grosso squalo, che presidia la zona, dato che la carcassa di un balenottero sta galleggiando poco distante dalla riva. Il guaio è che, quando se ne accorge, la ragazza è già a diversi metri dalla terraferma. Costato 17 milioni di dollari, più che altro per gli effetti speciali riguardanti il grande predatore acquatico, "The Shallows" ("Le secche") ha incassato, su tutto il pianeta, 110 milioni, rivelandosi uno dei più abili investimenti da parte di una major, questa Estate. C'è da dire che sta diventando un vero e proprio genere a parte l'elaborazione di una trama a base di tensione, da un'unica situazione estesa al massimo, vedi "127 ore", "Buried", questo e l'imminente "47 metri", su due sorelle che durante un'immersione devono trovare il modo di ritornare in superficie, con la strada sbarrata dagli squali: le cose sono due, o gli sceneggiatori sono proiettati sullo sviluppo assoluto di un'idea, oppure di idee sono a corto. Il film di Collet-Serra, comunque, fatte salve alcune incongruenze, forse quasi inevitabili ( la carcassa del cetaceo invisibile fino a pochi istanti prima? la scena riguardante l'ubriacone sulla spiaggia, e più che altro la sua conclusione?), avvince e appare ben costruito, riuscendo ad intrattenere lo spettatore per gli ottantacinque minuti di durata, con momenti di tensione molto ben congegnati ( rimane soprattutto negli occhi la nuotata tra le meduse luminose). Ad un certo punto, questo si tramuta quasi in un racconto metafisico, con un essere umano, la Natura che gli si pone di fronte ostile o alleata, una creatura che, come lo squalo spielberghiano, diviene un'entità potentissima e di pura furia, centellinando prima le apparizioni del grande pesce, per farlo entrare in scena più volte nell'ultima parte del film. La statuaria Blake Lively ha l'occasione per un one woman show e non la butta via, ben servita da una regia che, a parte qualche concessione anche eccessiva all'estetizzazione dell'immagine, sa incalzare il pubblico con mestiere.

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