Regia di Fede Alvarez vedi scheda film
Mai fidarsi delle apparenze! E decidere di far fesso un Rambo cieco e solo apparentemente indifeso, seduto su una montagna di dollari. Tre ingenui ladri lo capiranno a loro spese. Thriller dall'avvio qualunque, che recupera con un sapiente dosaggio ed accumulo di suspence. Ottimo Lang, muscolare, animalesco e "fertile".
“Mettere il carro davanti ai buoi”, recita un detto antico, frutto di saggezza popolare: che risulta pertinente di fronte all’ingenuo comportamento che una banda di tre improvvisati ladruncoli ostenta nel individuare il loro prossimo colpo, frutto di una soffiata ricevuta per grazia del padre di uno di essi.
Rapinare un vecchio reduce di guerra, ferito seriamente durante un conflitto in missione, e compromesso psicologicamente e moralmente dalla morte della figliletta in seguito ad un investimento da parte di un’auto: circostanza tragica che tuttavia gli frutta un lauto risarcimento da parte della famiglia (ricca) dell’investitrice.
Giunti alla casa, nell’accorgersi che è cieco, e neutralizzato con facilità il feroce rottweiler che lo accompagna, ai tre sembra di compiere una passeggiata, più che una rapina. Ma l’uomo, tenace difensore di ciò che gli spetta, si mostra un duro difficile da neutralizzare, oltre a nascondere nello scantinato un atroce segreto che in questa sede non è lecito rivelare.
L’inizio di Man in the dark, ammettiamolo, non promette nulla di buono: disagio familiare che spinge i soliti tre ragazzi sbandati a ricorrere al microcrimine per assicurarsi una fuga dalla drammatica realtà familiare: insomma tutto già visto e banalmente ripreso.
Poi però, man mano che la vicenda si addentra nel cupo del suo dramma, e del thriller che si annida lungo un intreccio piuttosto galvanizzante, il pregiudizio sul film e sui luoghi comuni inizialmente sfruttati senza troppa inventiva, svanisce velocemente.
L’uruguaiano Fede Alvarez, al suo secondo lungometraggio dopo il (discutibile per molti) remake di Evil Dead, e sempre per l’occasione sotto l’egida produttiva di Sam Raimi, sforna un thriller piuttosto concitato, non certo verosimile, ma nessuno dovrebbe pretendere (troppa) credibilità dinanzi ad un film di genere.
Costruito tutto intorno al personaggio potente, muscolare (ma in crescendo) di un vecchio Rambo cieco ma per nulla arrendevole o innocuo, Man in the dark si avvale della preziosa e funzionale, carismatica presenza di un grande caratterista come Stephen Lang, perfetto per la parte dell’uomo dell’oscurità, oltre che di un giovane attore in ascesa come Dylan Minnette, già visto in molte produzioni hollywoodiane.
Tensione che cresce, suspence a buona tenuta per un’impresa criminosa che pare in discesa, ma si rivela più ardua di una scalata su roccia viva e perpendicolare.
Non mancano le situazioni eccentriche e al limite del grottesco, come quella relativa alla esuberante ed esibita “fertilità” del nostro “vecchio”, in un paio di scene grottesche, ma anche in fondo piuttosto inquietanti, che è bene “gustarsi” (si fa per dire) al cinema, piuttosto che farsele raccontare in questa sede.
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