Regia di Ben Affleck vedi scheda film
Rapinatore un po' imbranato di Boston si reinventa sagace signore del crimine a Tampa. Pasticciaccio al rhum (di contrabbando) cucinato da un cuoco stellato che dosa male l'ingrediente più importante: la sceneggiatura. Voto 5
Troppa carne al fuoco, un antefatto che dura più di mezz'ora e finisce per comprimere la parte più interessante, quella in Florida; ma anche una bella fotografia, le pochissime scene d'azione ben girate, una ricostruzione d'epoca credibile e minuziosa; insomma Affleck alterna cose cattive, tra cui va inclusa un'interpretazione personale non abbastanza espressiva, a cose buone, soprattutto sotto l'aspetto tecnico della messa in scena. Il vero errore è stato basarsi su un romanzo di Dennis Lehane artificioso e quanto meno improbabile, una sorta di "Via col vento" in salsa gangster, che in fase di sceneggiatura Affleck ha ulteriormente peggiorato, edulcorandone alcuni passaggi, nel tentativo di rendere più nobile il protagonista del film e meno sgradevoli i crudi fatti narrati. In primo luogo Joe Coughlin, comunque lo si voglia presentare, resta un personaggio negativo con cui è impossibile identificarsi; nonostante venga più volte definito un uomo buono, con una coscienza, ecco alcune delle sue nobili azioni: causa, anche se involontariamente, la morte di poliziotti che facevano il loro mestiere inseguendolo; fa morire di crepacuore il suo integerrimo padre, che per salvarlo, dopo l'arresto, da più gravi sciagure, perde anche la sua onestà; fa sparare in testa a sangue freddo e a tradimento a un tizio, seppur spregevole quanto si voglia, mentre stanno parlamentando tranquillamente seduti intorno alla sua scrivania; ricatta un uomo con delle foto della figlia che nessun padre potrebbe tollerare di vedere senza impazzire. Meno male che è buono, figurarsi se era cattivo. Appare alquanto improbabile l'ascesa di un tizio che parte a Boston fallendo un colpo, facendosi tradire, quasi ammazzare e poi arrestare dalla polizia e sbattere al fresco; dopo tre anni di galera lo vediamo essere investito di un ruolo di responsabilità, non si capisce perchè visto che sin lì ha mostrato di essere poco portato per il crimine, da un gangster che ha affari in più stati; di lì in poi non sbaglia più un colpo, ha la meglio sulla concorrenza, sbaraglia il Ku Klux Klan in un minuto di montaggio, e crea un impero criminale formidabile. Le possibilità sono due: o in carcere ha seguito un corso accelerato di crimine organizzato, o il sole di Tampa ha su di lui lo stesso effetto di moltiplicazione dei poteri e delle facoltà che ha l'astro che illumina la Terra su Kal-el, figlio di Jor-el, venuto dal pianeta Krypton. Fuori luogo appaiono i ricorrenti discorsi su Dio e sulla morale, che danno l'idea di essere stati inseriti solamente per dare un tono impegnato al film e per obbedire al noioso clichè del gangster cattolico con sensi di colpa (solo a parole). Di "Live by night" si salvano però alcune buone battute: quella sui gangsters che come gli indiani non gradiscono le foto perchè temono possano rubar loro l'anima, e l'arguto scambio di metafore scacchistiche tra Affleck e Zoe Saldana.
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