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La legge della notte

Regia di Ben Affleck vedi scheda film

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La recensione su La legge della notte

di M Valdemar
4 stelle

 

locandina

La legge della notte (2016): locandina

 

 


Un'epopea senza epica.
Ben Affleck costruisce il suo mondo gangsteristico – tra la familiare Boston e l'esotica Florida, negli anni venti del proibizionismo e della grande depressione – inseguendo come un segugio a testa bassa la correttezza filologica, la nitidezza dell'esecuzione, la liturgia normativa, la purezza espositiva, dimenticandosi però del corpo che cerca di animare.
Il film.
Live by Night non pare possedere vita propria: manca sempre – in qualsiasi componente e da qualunque angolo lo si osservi – la scintilla che lo metta in un moto che non sia mera riproduzione accademica, atona meccanicità.
Vale per i dialoghi, per la narrazione, per la messa in scena, per il coinvolgimento emotivo e intellettivo, per le maschere-presenze attoriali: lo scarto tra le potenzialità di testo, mezzi, intenti e l'incertezza dello sguardo in fieri del demiurgo attore-regista-sceneggiatore genera un oggetto filmico incompiuto, spento, fatuo.
Eppure gli elementi ci sono, e sono disposti nella giusta collocazione: significante e significato (elaborazione scritta dello stesso Affleck sulla base del romanzo omonimo di Dennis Lehane), morale e conclusioni (sebbene banalmente ridotte: sì, il paradiso è qui e ora), ricostruzione scenica e d'epoca, rappresentazione della fauna malavitosa (tutto un po' déjà-vu, ma va bene anche così, anche un Remo Girone capomafia italoamericano non particolarmete a suo agio, meno incisivo di quanto il ruolo richiederebbe), contesto e Storia (lo scontro multirazziale e i fervori religiosi come fattori fondativi della grandeur a stelle e strisce, il kkk, la via del rum), glamour e fascino dell'universo criminoso, sentimento, dispositivi narrativi.
Anche l'azione ha la sua dose – presente in due sequenze “belle” e impeccabili: l'inseguimento in auto dopo una rapina andata male, la sparatoria senza esclusione di colpi, anche di scena, nell'hotel –, ma Affleck la congela nel reparto del bravo scolaretto, smorzandone vigore e privandola dell'aria necessaria a far deflagrare il senso ultimo del percorso (tra cui la vendetta) e del destino dell'uomo-fuorilegge Joe Coughlin.
Della sua storia – preponderante, fagocitante –, costellata di violenza vissuta e vista, di traumi e amori interrotti che in teoria ne provocherebbero animo e propositi, non rimane né, soprattutto interessa, granché: semplicemente, scorre sullo schermo, come titoli di coda di un western archetipico (lo sceriffo onesto in una città traboccante corruzione): non basta certo un nome, alla fine, a sorprenderti né a fare un film.
E non lo fanno nemmeno una chiusa inutilmente drammatica e allungata in più controfinali.
Insomma, Live by Night, quantunque non strettamente “brutto” o malfatto (anzi), si rivela un noir-crime-drama levigato, inerte, dalla consistenza molle di artifici e canoni presi alla lettera; e – cosa ancor più grave – al quale mancano pathos, intensità, sporcizia, epica, una visione personale.
E il senso della tragedia, annacquato dalla centralità/onnipresenza di un autore (anche narratore) sul cui volto imbambolato non passa una sfumatura, un'espressione, che sia una; col risultato, inevitabile, di svilire le presenze del cast di prestigio di cui si circonda (Brendan Gleeson, Chris Cooper, Chris Messina, Robert Glenister, ed Elle Fanning, la cui Loretta Figgis – prima attricetta precipitata in un gorgo di prostituzione e droga, in seguito predicatrice fanatica – aveva maggiori possibilità di sviluppo).
Dopo un crescendo costante come regista, per Ben Affleck dieci passi indietro.

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