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La legge della notte

Regia di Ben Affleck vedi scheda film

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La recensione su La legge della notte

di nickoftime
5 stelle

Quando si arriva in cima a una montagna dopo una scalata lunga e complicata può capitare che venga a mancare l’ossigeno e non si riesca più a ragionare. In altri termini e contesto ma con gli stessi risultati è quello che deve essere successo a Ben Affleck durante la lavorazione di “La legge della notte”, l’ultimo realizzato nella triplice veste di regista, attore e sceneggiatore. Costellata da una scia di  ascese e di cadute conclusesi con la vittoria di un Oscar (grazie alla regia di “Argo”) tanto inaspettata quanto risolutrice dei problemi che fin li ne avevano messo in discussione carriera e vita privata, la vicenda del nostro è di quelle che una volta superate sono capaci di farti perde il contatto con la realtà . Con il mondo ai suoi piedi anche per la ritrovata credibilità a livello attoriale (“Batman v Superman: Dawn by Justice” e soprattutto di “The Accountant”) Affleck ha pensato di potercela senza l’aiuto di altri, “mettendosi in scena” con una trama e dei dialoghi scaturiti esclusivamente dalla propria penna e non, come era capitato in precedenza, dalla collaborazione con altri sceneggiatori. Considerato poi che la fonte a cui si ispirava “La legge della notte” era nientedimeno che l’omonimo romanzo di Dennis Lehane, nume tutelare di un classico come Mystic River” ma anche di “Gone Baby Gone” (dello stesso Affleck), e che bellezza e competenza non facevano difetto nel curriculum degli attori di contorno (Sienna Miller, Brendan Gleeson e Elle Fanning) si rimane ancora più sorpresi dalla scarsa qualità del film che ne è scaturito. A far difetto, in un panorama di grandi possibilità produttive è l’incapacità della regia di raccontare con coerenza e utilizzando al meglio i codici del cinema noir la scalata al potere malavitoso di Joe Coughlin, il protagonista del lungometraggio come pure di definire la complessità di un personaggio che nelle intenzione doveva assemblare aspetti di una personalità a dir poco contraddittoria per la commistione di egocentrismo e misericordia, violenza e moderazione, idealismo e concretezza che ne scandiva la parabola esistenziale.

 

Accade infatti che Affleck, alle prese con una materia tanto oscura quanto esplicita nei molti nessi offerti dal testo nei confronti del genere di riferimento, si accontenti di rimaneggiare il copione originale con una sintesi orale e visiva priva di quei chiaro scuri e di quei doppi fondi narrativo esistenziali che da sempre rappresentano il cuore delle rappresentazioni hard boiled. L’equazione tra il punto di vista del regista e le aspettative dell’appassionato crea uno squilibrio che fa assomigliare “La legge della notte” ad una fiction televisiva nella quale lo scarto psicologico che dovrebbe giustificare le relazioni tra i personaggi e le loro motivazione (per esempio la liaison tra Joe e l’improbabile dark lady interpretata da Sienna Miller) viene dato per scontato e solo in parte rintracciabile nella composizione delle immagini. A risentirne è soprattutto l’effetto drammaturgico per lo scollamento tra i sentimenti che il film vorrebbe comunicare e quelli che in effetti si producono in chi se ne dovrebbe fare carico. Basti per tutti la comicità involontaria suscitata dall’altisonante magniloquenza di certi passaggi, e ancora il miscasting relativo alla presenza di Remo Girone che ingaggiato per la parte del capo mafia per cui Joe lavora non riesce mai a restituire l’autorevolezza richiesta dal ruolo. 

(icinemaniaci.blogspot.com)

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