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Il labirinto dei sensi

Regia di Joe D'Amato vedi scheda film

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La recensione su Il labirinto dei sensi

di giurista81
2 stelle
Softcore puro, privo contaminazioni da altri generi, probabilmente girato nelle pause di qualche hardcore sul medesimo set. D'Amato lo gira scrivendo dei dialoghi discreti, in qua e in là, che provano a tenere unito e far funzionare un canovaccio di storia che dir labile è dir poco. Si prova, senza tanta convinzione, a scommettere sullo sviluppo e la crescita dei personaggi, ma il proposito resta abbozzato, appena tratteggiato. Le caratterizzazioni sono stereotipate e guardano a un'incertezza circa gli orientamenti sessuali dei vari personaggi o al senso di apatia che li pervade.
Fondamentale, per la risoluzione dei problemi, sarà l'apporto della protagonista, una governante francese assunta per portare ordine all'interno di una mega villa dove il caos e i rapporti promiscui regnano sovrani. Valerie, ovvero la brava e sensuale Monica Carpanese (accreditata con lo pseudonimo Monica Seller), assolve appieno al titolo che le viene offerto, anzi, va ben oltre. La sua presenza all'interno della villa è curativa, psicanalitica, ma soprattutto fisica e inebriante. La giovane sa quali tasti toccare. Si rivela essere una psicologa che permette a chi l'ha ingaggiata di superare le proprie paure e di vivere liberamente la propria sessualità. Così risolve i complessi dei vari componenti e finisce col fare innamorare tutti. Alquanto libertina, infatti, passa di letto in letto, poco importandole se ha a che fare con il nonno, il padre, il figlio o la madre di casa. Ha parole di incoraggiamento, carezze e lingue per ognuno di loro. “Io sono legata a voi tutti insieme” dice davanti ai suoi “clienti”, così da non far torto a nessuno. D'Amato, probabilmente trincerato alla sceneggiatura dietro il nome dello sconosciuto Leslie Wong, condisce con buoni dialoghi un prodotto costruito alla maniera di un hardcore. Le scene d'amore, peraltro lunghe, ardite e sottolineate da opportuni rallenty, sono numericamente copiose, addirittura rimontate in più parti del film. Alla fine, pur denotando una cura registica e interpretativa (a parte alcuni attori mediocri), la visione diviene molto noiosa per carenza di idee e sviluppi di storia. La scelta di ambientare l'intero film in interni non aiuta a vivacizzare il monocorde ritmo. Alla fine la visione si fa pesante. La fotografia (sempre di D'Amato, accreditato quale Federico Slonisko) è scialba, le scenografie anonime e ripetitive, per non parlare dell'indisponente e insistente colonna sonora firmata da Piero Montanari, all'epoca collaboratore assiduo di D'Amato. Eppure, nonostante tutto, diversi attori convincono. La Carpanese, pur essendo un'attrice legata alla produzione anni novanta di Bruno Mattei (il che dice tutto), convince appieno. Al di là dell'innegabile sex appeal e delle grazie di seno, è brava anche nell'interpretazione. Il suo non è un ruolo facile, D'Amato la fa ammiccare, la fa muovere con fare civettuolo ma al contempo non volgare e le riserva quasi tutti i dialoghi, tenendola continuamente in scena. La ventunenne riesce ad ammaliare e con una certa classe, lasciando intendere una futura carriera che purtroppo si interromperà subito. Uscirà di scena a metà anni novanta, ritornando in campo proprio in questi ultimissimi anni grazie a Don Matteo. Il legame al passato, ancora vivo, la porterà a rendere omaggio a D'Amato per effetto della partecipazione a film quali Antropophagus 2 (2021) ed Emmanuelle – Do ut Es, quest'ultimo previsto per il 2022 quale suo debutto alla regia.
Fornisce buona prova anche Mike Monty, il più vecchio ed esperto del cast, assurdamente spacciato per cinese. Pur essendo un attore americano, Monty ha pressoché sempre lavorato in Italia, debuttando nel cinema in ruoli marginali in una serie di spaghetti western di quarta lega della seconda metà degli anni sessanta. Si difende anche la sconosciuta Lora Luna, tra le poche ad avere i tratti orientali in un film che dovrebbe avere personaggi di nazionalità cinese. Male gli altri tre attori principali, che dovrebbero essere cinesi, sebbene due di questi, oltre a non esserlo, non siano neppure truccati come tali.
Niente di nuovo o di particolarmente interessante. D'Amato chiude il film in pochi giorni di riprese, senza tanto perdere tempo, così da cercare di recuperare fondi. Film dunque alimentare, ma approcciato con un impegno professionale, pur se con poche idee nel delineare la storia. Solo per completisti.
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