Regia di Damien Chazelle vedi scheda film
Da un iniziale formato quadrato, lo schermo si allarga fino a raggiungere le dimensioni del Cinemascope, con la scritta vivacizzata dagli sgargianti colori del Technicolor (procedimento questo, in voga fino al 1952): a questo punto, la macchina da presa plana su un crocevia di una Los Angeles mattutina in un affollato snodo cittadino, dove il traffico è tentacolare. Gli automobilisti accodati, iniziano a scendere dalle vetture ballando e cantando; tra di loro, alla fine di uno sfavillante numero musicale, sulle note di 'Another Day of Sun', si scorge un giovane, Sebastian Wilder (Ryan Gosling), indaffarato a cambiare nervosamente le stazioni dell'autoradio e una ragazza, Mia Dolan (Emma Stone), che sta provando le battute di un copione: i due hanno un piccolo diverbio ma la cosa finisce lì. Scopriremo poi che lei arriva da Boulder City in Nevada, lavora come cameriera in un bar vicino a degli studi cinematografici e sogna di diventare attrice, mentre l'uomo suona motivetti orecchiabili in un locale, ma vorrebbe aprire un locale tutto suo, in cui suonare il suo amato jazz.
E' questo il folgorante incipit di 'La La Land', terzo film di Damien Chazelle, giovane regista di Providence - famosa per aver dato i natali allo scrittore del soprannaturale H. P. Lovecraft - con l'ossessione della musica (tema centrale anche del sorprendente 'Whiplash', di due anni prima), un complicatissimo ed acrobatico piano-sequenza di oltre cinque minuti, in cui, una situazione, che ricorda vagamente il sogno-incubo di un altro attacco ancor più famoso, quello di 'Otto e mezzo', viene girata con toni festosi e divertiti, appunto tipici del genere a cui appartiene.
Dopo tale scena introduttiva, il plot si sviluppa e conosciamo i personaggi, il contesto in cui si muovono e l'impostazione data dall'autore, con il reiterarsi di altri pregevoli numeri, di cui il secondo ancora di gruppo, poi man mano che la storia si dipana e Mia e Sebastian si stagliano come protagonisti, con incomparabili duetti ballati e cantati, citazionisti di tanto cinema appartenente al genere (ma non solo) che nacque in USA nella gloriosa epoca d'oro hollywoodiana ma che ebbe degli emuli anche in Europa (Jacques Demy), non buttati lì per caso, come è capitato in opere meno riuscite, ma aventi un senso preciso all'interno dell'economia della narrazione.
Damien Chazelle gira in palese stato di grazia sequenze, come quella al chiaro di luna, dove, sulle note di 'A Lovely Night', i divertiti ed autoironici Mia e Sebastian hanno il primo 'approccio amoroso' ma ancora un po' incerto, per passare a quella - magia pura - al Griffith Observatory, con Mia e Sebastian che prima fluttuano nello spazio e poi ridiscendono a terra, finendo per baciarsi, con la scena che, in un chiaro omaggio al cinema muto, si chiude a iris, poi ad altre in solitaria, prima con un Sebastian estasiato che si aggira di notte per le vie semiderte di L.A. canticchiando il leitmotiv 'City of Stars' e ancora con Mia protagonista, che recita e canta nella decisiva scena del provino, con un altro magistrale piano-sequenza di oltre quattro minuti di un'intensità a dir poco bergmaniana, dove il personaggio (e l'attrice, in un gioco di specchi) dà tutta se stessa, che stavolta si chiude con una dissolvenza incrociata ed infine chiusura 'in bellezza', con un'altra srepitosa scena (nove minuti) che trasuda romanticismo, in cui assistiamo a quello che avrebbe potuto essere ma non è stato, perché non è facile coniugare ambizioni personali, successo e felicità negli affetti.
Tutte queste scene quindi, possono essere viste - oltre che come puro e semplice piacere cinefilo - anche come diverse tappe di una grande storia d'amore, con due individui che si incontrano per caso, capiscono di avere un feeling tra loro, si mettono insieme ma poi il destino ancora ci mette lo zampino e tutto va a rotoli ed il film non è solo un omaggio al musical classico ma anche una rilettura dei suoi codici, dato che molte scene vengono girate en plen air, al contrario di tanti capi d'opera d'antan, tutti filmati negli Studios, mostrando svariate location della Città degli Angeli, che assiste privilegiata da quinta alle avventure del duo Mia e Sebastian, che i toni, da quelli spensierati e gioiosi iniziali si fanno via via più tenebrosi, raggiungendo una certa cupezza e malinconia nello straziante finale, che contraddice un'altra regola ferrea, quella del lieto fine (con la medesima scritta a rappresentare un ennesimo tributo alla fabbrica dei sogni).
Fondamentali per l'esito del lungometraggio le prove di una radiosa Emma Stone, qui alla migliore interpretazione della sua pur breve carriera, coronata con l'Oscar e tutta una serie di altri premi, che riesce a passare da registri da commedia ad altri di grande intensità drammatica, come nell'anzidetta scena del provino, dove canta 'Audition (The Fools Who Dream)' e di un altrettanto bravo Ryan Gosling, in una parte, la sua, un po' più introspettiva rispetto alla partner ma coinvolgente anch'egli, la sfavillante fotografia di Linus Sandgren, le impeccabili scenografie di David e Sandy Reynolds-Wasco, nonché ovviamente le musiche e le canzoni di Justin Hurwitz (e di Benj Pasek e Justin Paul) - tutti premiati con l'Oscar, così come, va da sè, il sontuoso lavoro del regista - che sono già un cult per i tanti che hanno amato il film fin da subito e sono corsi al cinema a vederlo e rivederlo.
'La La Land' - con i suoi sei Oscar (che, per un disguido e una figuraccia che sono già nella storia, sono stati per qualche minuto sette, con quello per il miglior film, poi andato all'opera All Black 'Moonlight') e decine di premi in giro per il mondo, un plauso generale della critica ma soprattutto una sorta di venerazione per i tanti spettatori che, sparsi in ogni dove (a fronte di pochissimi 'fuggiti' dalle sale!), nel giro di pochi mesi, gli hanno fatto guadagnare lo status di un vero film di culto ed epocale - si accinge ad entrare nell'olimpo del cinema, lasciando un segno che durerà nel tempo.
Voto: 9.
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