Regia di Damien Chazelle vedi scheda film
L'amore ai tempi del musical. Il musical ai tempi dell'odio.
Col trascorrere degli anni, talvolta, può capitare che ci si dimentichi il motivo per il quale, tempo orsono, abbiamo iniziato a non preoccuparci e ad amare il cinema. Poi però, in punta di piedi, arrivano quei cineasti che inaspettatamente, e senza alcun preavviso, ci sbattono di fronte quel motivo. Chi mi conosce sa quanto il delicato tema del musical mi sia caro. Quei musical ove il parlato e il cantato facevano l'amore in un oceano di colori onirici; perché diciamocelo, cosa c'è di più bello, emozionante e magico di una sequenza di canto e ballo sul grande schermo? Gli storici musical targati MGM hanno senz'altro contribuito ad accrescere l'amore verso un genere che, nonostante io continui a prediligere, negli anni si è purtroppo affievolito, lasciando il proprio spazio ad un cinema oggi convenzionale, quello 'hollywoodiano', che io apprezzo gran poco - certo, non mancano delle eccezioni. La fabbrica dei sogni, innalzata nella terra del fantomatico 'sogno americano', sembra essersi scordata di sognare. Poi però, in punta di piedi, è arrivato Damien Chazelle; sì, proprio quel giovane che, sbucato fuori dal nulla, ci narrò la storia di un sogno e di una passione tramutatisi in ossessione in quella piccola meraviglia di Whiplash, un film realisticamente crudo - nonostante il tutto venisse portato all'eccesso - nel quale la musica dominava letteralmente la scena. A distanza di un paio d'anni, è tornato con quello che io ancora adesso, mentre scrivo questo inutile ma sentito sproloquio, non so come definire. Inizialmente non ci credevo nemmeno; uscito dalla sala, non credevo a ciò che i miei occhi colmi di lacrime avevano appena visto. Persino dopo una seconda visione stento a crederci... ma è vero. Eccome se è vero.
L'apparizione del gigantesco logo Cinemascope ci materializza in un altro mondo, un'altra era. Vaghiamo per le strade di una città che non abbiamo mai visitato prima d'ora. Udiamo l'angelica melodia di un pianoforte, e all'improvviso ci ritroviamo di nuovo a casa. I sogni hanno ripreso vita in un mondo di musica e macchine, dipinto dalla magica colorazione del technicolor. E come tutte le magie, non può essere descritta; va contemplata, vissuta. Nell'esatto punto ove Fred Astaire e Ginger Rogers danzavano 'guancia nella guancia', Gene Kelly cantava sotto la pioggia e i Jets duellavano (e duettavano) con gli Sharks, Chazelle ci fa volare accanto alle stelle, mentre egli tende la mano a due di queste meravigliose stelle: una il jazz, l'altra il cinema. Dopotutto, è questo che sta ad indicare La La Land: perdere la testa tra le nuvole, dalle quali cadiamo, tornando alla monotona quotidianità. Chazelle si mantiene sul percorso da lui intrapreso, tornando a narrare di sogni, passioni e cuori infranti, di come le passioni molto spesso - se queste ultime siano reali e genuine - non possano incontrare ostacoli come la famiglia, le amicizie e gli amori, e di quei traguardi che spesso dobbiamo abbandonare, lasciar andare, e forse un giorno, riabbracciare.
Mia è un'aspirante attrice che, tra un provino e l'altro, serve caffè alle star del cinema. Sebastian è un musicista jazz che si guadagna da vivere suonando nei piano bar in cui nessuno si interessa a ciò che propone. I due si incontreranno e si scontreranno, forse si ameranno e forse si odieranno nella terra delle stelle cadute e delle emozioni perdute. Chazelle prende le quattro stagioni di Vivaldi e le trasforma in un inno alla vita, all'amore, al cinema, alla musica, a tutto ciò che è rimasto in questo mondo per cui vale la pena lottare e andare avanti. Sempre. La La Land è un'opera tanto attuale quanto completamente fuori dal tempo, inscenata in una Los Angeles che sembra essere quella di Gioventù Bruciata, che - come la tanto amata Manhattan di Woody Allen - non rivedremo mai più. Il pensiero di stare a guardare un film proveniente dal secolo scorso si presenta costantemente nella mente dello spettatore confuso, allibito (nel senso più positivo del termine). E quanto sono belli Ryan Gosling ed Emma Stone? Entrambi nella loro più grande interpretazione, i quali non possono che ricordare memorabili coppie come i già citati Fred Astaire e Ginger Rogers o Humphrey Bogart e Lauren Bacall. Le coreografie, accompagnate dalle meravigliose musiche di Justin Hurwitz, vengono riprese con lunghi (forse fittizi) piani sequenza. C'è un momento durante 'Someone In The Crowd' (uno dei brani facenti parte della colonna sonora), nel quale la macchina da presa sembra essere sparata in aria, accanto alle esplosioni di fuochi d'artificio. Un breve istante - nemmeno troppo memorabile se confrontato con altri - che con un semplice movimento di macchina mi ha fatto capire quanto questo giovane talentuoso ami il cinema (e quanto io lo ami). Damien Chazelle non è Jacques Demy, Vincente Minnelli, Stanley Donen o Bob Fosse, e non pretende nemmeno di esserlo. Egli non intende mettere in mostra la propria figura, affatto. La La Land è tutto ciò che il cinema dovrebbe avere, trasmettere e rappresentare per essere tale; è quando un cineasta (che a trentadue anni si è già ritagliato un proprio angolo nella storia della settima arte) racchiude in centoventi miseri minuti di pellicola quella che, per il sottoscritto, è la sola ed inconfutabilmente unica essenza del cinema - la quale esplode in una delle sequenze finali più belle, affascinanti, emozionanti, romantiche, intelligenti e audaci che io abbia mai visto. Un atto d'amore, che mi ha commosso come nemmeno quella meraviglia di Sweeney Todd (restando in tema musical) era riuscito nei tempi recenti. Siamo di fronte a quello che è, senza dubbio alcuno, un vero e autentico capolavoro del cinema contemporaneo. Una pietra miliare, un classico del genere a cui appartiene. Un film di cui ognuno di noi sentiva il bisogno, ma che nessuno si sarebbe meritato. Ci sarebbero così tante altre cose da dire, tanto altro da aggiungere, ma alla fine - ribadisco - la bellezza di opere d'arte come questa va vissuta. Questo è il cinema che voglio, che amo più di ogni altro; un cinema di altri tempi, che non nasconde la triste realtà: ciò che è stato, non sarà mai più.
Lasciamoci tutto alle spalle dunque. Affrontiamo il crudele mondo che ci circonda cantando, affrontiamolo con un ballo tra le stelle, senza però gettare il passato nel dimenticatoio. Torniamo a sognare, anche solo per un'ultima volta, ricordando chi, tempo fa, cantava sotto la pioggia. Torniamo a brindare ai folli, alle stelle cadute, a chi ha raggiunto il proprio traguardo e a chi non ce l'ha fatta. A noi, sciocchi sognatori.
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