Regia di Damien Chazelle vedi scheda film
Il film di Chazelle è il canto del cigno del musical americano
È abbastanza ironico il fatto che questo film sia stato acclamato e dichiarato un omaggio al musical e dei suoi tempi d'oro, quando l'operazione di Chazelle non ne è che un canto del cigno.
La musica e qualche numero di danza non mancano, a partire dall'iniziale flash mob inseguito vorticosamente e virtuosisticamente dalla mdp anche se totalmente a sé stante rispetto allo stile del film. Poi ci sono i duetti dei due protagonisti, che se la cavano, nel senso che sono più bravi di una persona comune, ma non giustificano la loro presenza in un film che nasce come musical.
Perchè Stone e non Kendrick? La Stone è brava e qui recita bene, ma perchè metterla nel cast di un musical per poi accontentarsi di una prestazione che non va oltre l'aggraziato?
La schermaglia iniziale è anche simpatica e funziona. Dunque è un musical fallato ma una bella storia d'amore? Non proprio se consideriamo che la storia tra loro termina di comune accordo, anzi, più precisamente a un certo punto si risvegliano: "non sono mai stata qui di giorno" dice Mia sulla stessa panchina dove hanno danzato la prima volta.
E allora questo film cos'è? Facciamo un passo indietro.
Nel film ci sono 2 livelli di narrazione, uno superficiale tutto luci, colori, flirt, melodramma, musica, che abbaglia lo spettatore in cerca di intrattenimento, e che in apparenza sembra raccontare la storia d'amore tra due giovani artisti che si incontrano in un momento difficile della loro carriera. In realtà a ben guardare, l'unico artista della storia è Sabastian, il santo trafitto dalle frecce. Sebastian è l'eroe di Chazelle: è un musicista, l'artista vero e puro, è Andrew di Whiplash, devoto alla causa del jazz e che considera Hollywood "piscicaca" (dice in italoamericano). Rimane per tutto il film lucido su ciò che desidera e come ottenerlo, se accetta un lavoro che non ritiene degno è solo per compiacere il (parzialmente espresso) desiderio di stabilità di Mia. Probabilmente stare con lei è stato come essere "shanghaied" ovvero arruolato a forza, termine che usa all'inizio nel descrivere la sua fallimentare collaborazione col gruppo musicale. L'arte è sofferenza, lavoro duro, senza compromessi: siamo molto vicini al masochismo di Andrew che ora è cresciuto e ha fatto le sue esperienze "Le cose non vanno così nel mondo reale credimi". "Sei una bambina, piangi come una bambina". Non gli interessa la fama, a cui rinuncia per rimanere fedele alla propria missione. Mia (sufficientemente egotico come nome) assolve invece due compiti opposti sui due livelli di storytelling, adorabile ragazza dolce e spiritosa che s'imbarca nella nuova relazione con energia e convinzione e allo stesso tempo epigone di tutta la superficialità annessa e connessa a Hollywood, "che venera ogni cosa ma non riconosce il valore di nulla", ovvero La la land.
Mia è attirata dal glamour e dalla vacuità, più che ammirare la recitazione dei grandi del passato, si circonda dei loro poster, resta in adorazione di fronte ad attori quasi invisibili davanti grande alla macchina del cinema, silhouettes in controluce negli studios, volti famosi di cui vediamo solo la nuca ma che si rispecchiano negli occhi ammirati della barista. Lo spettatore ottiene segnali contraddittori: l'atteggiamento di Mia è superficiale e ignorante eppure ci viene mostrata in più audizioni la sua bravura come attrice. Ha il doppio compito di farci seguire la trama del musical e al contempo la mina da dentro. Mia è la partner danzante di Sebastian e allo stesso tempo è la distrazione di un mondo vuoto, che Sebastian deve ripudiare, e che Chazelle denigra a piè sospinto in ogni momento del film. Mia: "Da quand'è che ti interessa piacere?" Sebastian: "Senti chi parla, tu fai l'attrice!" Mia non è alla pari di Sebastian, che aspira a salvaguardare il patrimonio della Storia del Jazz, la sua ambizione è solo quella di far parte del mondo di la la land. Calca la scena quel tanto che basta per diventare una faccia su un cartellone, una star: di ritorno al bar dove lavorava finalmente può passare da adorante ad adorata. Vuole piacere prima che recitare e, arrivata a questa consapevolezza, la coppia non può che sciogliersi, consensualmente.
L'ultima scena, che rievoca perfettamente lo stile di Minelli chiude la trama del musical e ne sancisce la fine, specchio di un mondo impossibile, creatore di sogni vuoti, l'unico luogo, falso per l'appunto, in cui i due si possono incontrare e vivere l'idillio, e dove non a caso anche il sadico J. K. Simmons, è un agnellino. Ma quello è un musical, una narrazione alternativa e alterata della realtà che Chazelle mette in scena in netta contrapposizione ai valori espressi nel corso del film. I due protagonisti, incompatibili come l'Arte (capace di dare senso alle cose) e Hollywood (la mecca del disvalore), si salutano.
Il musical, uno dei generi per eccellenza del cinema classico americano, ha perso la capacità di dare forma ai sogni.
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