Regia di Tate Taylor vedi scheda film
Tre figure di donna, e tre figure di uomo sono al centro de "La ragazza del treno", caso letterario del 2015, che è divenuto un film in un soffio: c'è una donna che vive un'esistenza sfasata, prende il treno ogni giorno per vedere com'è andata avanti la vita del suo ex-marito, ha perso il lavoro ma non lo confessa, e tra alcool e confusione continua, un giorno si rende conto di aver visto qualcosa che non avrebbe dovuto. E le altre due donne sono quella per cui il marito l'ha lasciata, e la giovane babysitter che ne guarda la figlia. Gli uomini sono l'ex-marito, l'analista della babysitter, e il marito di quest'ultima: le loro vite si incroceranno tragicamente, perchè viene commesso un delitto. E non sarà semplice venirne a capo. Trasferendo l'azione dall'Inghilterra agli Stati Uniti, il film, con il quale alcuni recensori hanno visto analogie con "Gone girl", ma, a parte il titolo e, forse l'ambientazione, si tratta di soggetti molto diversi, inizialmente pare in difficoltà a mettersi in moto, sfrangiando fin troppo il racconto e puntando su fin troppi personaggi, prima di mettersi a fare sul serio, e diventare il thriller drammatico che infine risulta essere. Come Borges prima, e Antonioni poi, insegnano, quel che si recepisce è una parte relativa di un insieme, e pur essendo presenti, si dà una versione che può essere anche fuorviante, o non avere a disposizione un dettaglio che ricomponga l'intero puzzle. Ecco, quindi, che la sceneggiatura, ad un certo punto, pare servire molte opzioni di lettura e di risoluzione dell'intrigo: che è molto più prosaico, e tristemente pratico, di come si possa pensare. Sgarbata, imballata dal troppo bere, e a metà tra un'alterazione del comportamento, e un'ostinazione che non le fa piegare la testa alla rassegnazione, la Rachel impersonata da Emily Blunt è un personaggio completo, che passa dall'essere irritante a degno di compassione, fino all'essere apprezzato, e si può dire che i tre personaggi femminili principali, nella loro complessità, sono ben raccontati e con uno spessore concreto: meno bene va a quelli maschili, che forse avrebbero necessitato di un minore ricorso a certi stereotipi. Come thriller va molto meglio nella parte che tira a risolvere la faccenda, che nella fin troppo lunga parte introduttiva: come dramma, rende già di più.
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