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La ragazza del treno

Regia di Tate Taylor vedi scheda film

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La recensione su La ragazza del treno

di M Valdemar
3 stelle

 

locandina

La ragazza del treno (2016): locandina

 


E ci vorrebbe ben altro che una borraccia riempita di vodka scadente per mandare giù La ragazza del treno, pompato nonché inspiegabile - ovvero spiegabilissimo - successo commerciale - ma anche di parte della critica -, trasposizione del recente omonimo bestseller.
Film che, sobriamente, potrebbe stare benissimo nel palinstesto di uggiose, anonime serate televisive a tema (in cicli tipo 'donne e violenza'). La "qualità" - come un superalcolico da supermercato a prezzo scontato - quella è. L'appartenenza, malgrado i toni seri, la confezionatura di celluloide e il dispiegamento di mezzi, pure.
La trama - un marchingegno oliato di risaputi elementi da giallo della settimana - è tutto; e con essa il prevedibilissimo bagaglio rigonfio della stanca retorica della componente mistery (invero ben poco ... misteriosa), della meccanicità di una narrazione pervicacemente generica e fagocitante (in pratica una collezione di casi giudiziari mediatici), della pretestuosità di una tematica facile cattura-consensi, della lucidità programmatica del più tradizionale e convenzionale disvelamento di verità.
Supposte, confus(ionari)e, alter(n)ate, artefattamente date in pasto al famelico lettore/spettatore pagina dopo pagina, (colpo di) scena dopo (colpo di) scena: verità teoricamente imbevute della stessa materia ovattata di cui sono fatti vuoti di memoria e (non) ricordi della 'ragazza del treno', in realtà bellamente illuminate da precise, calcolate manovre nel disegno generale.
Un disegno elementare, fumoso, persino nelle sue più evidenti ambizioni: la protagonista - un raccontare/raccontarsi troppo pulito, netto - vive intrappolata tra i tormenti e i dolori del passato (che, ovviamente, l'ha condotta nello stato pietoso del presente) e il miraggio di una vita altra, ideale. Vettori costantemente dichiarati, inscenati, spiegati, rappresentati nel/dal tratteggio grossolano di altre due donne: belle, bionde, a loro modo fatali, comodamente vittime.

Emily Blunt

La ragazza del treno (2016): Emily Blunt

Haley Bennett

La ragazza del treno (2016): Haley Bennett

Rebecca Ferguson

La ragazza del treno (2016): Rebecca Ferguson


Difatti - pleonastico sottolinearlo - La ragazza del treno è un'opera di/per/su donne. Ma nella maniera più manierata, superficiale, monotona, scontata possibile. La lettura è unidirezionale - nonostante si cerchi di mischiare le carte e darsi toni autoriali tramite il discutibile, puerile sovrapporsi dei piani temporali -, priva delle sfumature e delle ambiguità necessarie, la visione è manichea, le psicologie sono vaghe e ridotte a mero strumento di un sensazionalismo intinto nelle foschie del thriller, lo svolgimento è statico e stitico.
Anziché scavare, si accumula: al fare proprio il disorientamento della protagonista si preferisce il sobrissimo orientamento di un tragitto e una meta di facile presa.
Pare tutto un preambolo, in effetti: inesorabilmente il film (condotto malamente dal sopravvalutato Tate Taylor del sopravvalutato The Help), che progressivamente perde vigore e interesse, si lancia - si trascina - verso un'ultima mezz'ora di sconcertante banalità. Un lungo flashback spiega nel dettaglio il mistero, mentre immancabili come il bicchiere della staffa (solo che dentro c'è un'orribile bevanda energetica!) giungono dapprima la scena risolutiva - carica di un'enfasi futile nella quale azione, (melo)dramma, pathos e solidarietà femminile sono meccanicamente convogliati in cul-de-sac che rivela tutta la fallacità e la faciloneria dell'operazione - ed in seguito l'edificante coda con messaggio annesso.
Brava e sprecata Emily Blunt, come sprecati sono lo sguardo di Rebecca Ferguson e il corpo di Haley Bennett.
Più che un'occasione mancata, un binario morto.


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