Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film
Ritratto di famiglia con tempesta è un film giapponese del 2016 scritto e diretto da Hirozaku Kore'eda. Il film nel nostro paese è stato distribuito da Tucker Film (,olto buono il doppiaggio).
Sinossi: Ryota è la personificazione "ideale" del perdente; uomo di mezza età che non è stato in grado di gestire il suo talento da scrittore, inghiottito dal vizio del gioco d'azzardo a tal punto da aver divorziato ed in malo modo dalla la moglie Kyoko (Yoko Maki) che a malapena gli fa vedere il figlio una volta al mese. Anche i suoi rapporti famigliari sono disatrosi, con la sorella i litigi sono abituè mentre l'anziana madre (Kirin Kiki) pur amandolo incondizionatamente è consapevole delle reali difficoltà in cui versa il proprio figlio, problemi causati quasi sempre dalla sua negligenza. Infine il padre è da poco scomparso ma il suo ricordo, almeno inizilamente, non è assolutamente idilliaco.
Ryota proverà a ricomporrè i pezzi della sua sgretolata vita ma non sarà per nulla facile.
Ormai anche nel nostro paese si sono finalmente accorti del talento e dell'autorialità di Kooreda, un regista che pur presentando molti tratti in comune con il grande maestro Ozu, è riuscito fin dai suoi cortometraggi a costruirsi un proprio percorso contraddistinto da tantissime tematiche sempre presenti nei suoi film come conferma questo Ritratto di famiglia con tempesta.
Il primo topos imprescindibile per il cineasta nipponico è il tema dell'elaborazione di una perdita, questa volta però non bisogna superare il dolore di un lutto (pensiamo ad esempio a Little Sister (//www.filmtv.it/film/74328/little-sister/recensioni/899523/#rfr:film-74328), bensì l'accettazione di una relazione andata male (tematica attualissima, affrontata dal regista con delicatezza senza risultare però troppo pedante oppure idilliaca).
I rapporti amorosi sono un tema si secondario della sua cinematografia ma che si inseriscono sempre all'interno dei suoi film, non è un caso che in quest'opera si parla spesso ed in maniera differente di svariate storie d'amore, pensiamo ai clienti che si rivolgono all'agenzia investigativa dove lavora senza impegno Ryota, oppure alla relazione tra la sua ex moglie ed un ricco immobiliare.
Durante la sinossi ho accennato ai difficili rapporti tra Ryota e la sua famiglia, altro tema chiave per Kooreda; il regista si è sempre preoccupato di mettere in scena una grossa probelmatica del suo paese (ma per estensione del mondo) ossia la rappresentazione di famiglie disfunzionali dove molte volte l'incomunicabilità porta a situazioni disatrose, certo il tutto viene messo in scena senza quel pessimismo e nichilismo tipici ad esempio di un Sono Sion.
Ad inizio film assistiamo ad un confronto tra Ryota e sua madre dove entrambi i personaggi, in riferimento ad una specifica domanda rispondono con il poco carino «non sono affari tuoi»; lo stesso Ryota non riesce ad esprimere al meglio l'amore che prova verso la sua famiglia, infatti suo figlio gli domanda se gli vuole davvero bene.
Continuando con le tematiche care al regista e presenti nel film, impossibile non menzionare il concetto di famiglia legato alla memoria; tramite il ricordo delle persone care Ryota riuscirà in qualche modo a maturare, e soprattutto a riappacificarsi con il padre scomparso: scoprira che in realtà il suo "vecchio" gli voleva bene, ma per ricollegarsi al tema di prima dell'incomunicabilità, non sia risucito mai a dirglelo.
Ancora una tematica importante è la presenza di un bambino molto acuto ma pur sempre bimbo in cui si evince la necessita della presenza degli adulti per la sua formazione, adulti che tuttavia non sono sempre in grado di svolgere tale compito.
Le tematiche sono molte e soprattutto tremendamente reali, e arrivati a questo punto si potrebbe pensare ad un film pesante e dal ritmo lento, ed in parte la regia minimalista potrebbe confermarlo ma in realtà Kooreda è in grado di catturare anche lo spettatore più distratto e pigro: a tal proposito divertente (ma anche profondo) il subplot di Ryota nelle vesti di detective da camera da letto, il tutto raccontato con un pizzico di un black-humor, oppure pensiamo ai bellissimi pillow shot in cui il regista esalta la bellezza della periferia nipponica dove i grattacieli sono sostituiti da casette piccoline e stradine caratteristiche.
Non mancano anche alcuni guizzi registici, nello specifico troveremo carrellate laterali che seguono gli spostamenti di Ryota, caratterizzate da una certa distanza tra il soggetto e la posizione della cinepresa, alternati alla più classcia macchina da presa fissa (suo marchio di fabbrica) molte volte posizionata alla cosiddettà altezza "tatami".
Da vedere assolutamente.
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