Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film
Ryota (Abe) è un ex scrittore di successo che vorrebbe vivere sugli allori, ma che si è riciclato come detective in un'agenzia investigativa per sbarcare il lunario. Perennemente in bolletta, Ryota riannoda i rapporti con la madre (Kiki) e con la ex moglie (Maki) per rastrellare qualche altro quattrino, infilandosi in una rete relazionale che gli permette di mettere a fuoco l'andamento della sua esistenza.
Come per ogni regista orientale che si rispetti, la critica ha osannato questo letargico film di Hirokazu Kore-Eda, già regista del ben più riuscito e penetrante Father & Son e di Little sister. Ancora una volta sono le relazioni all'interno della famiglia a interessare il regista giapponese, che qui traccia un ritratto talmente statico da lambire a più riprese un'andatura in tempo reale, che si sofferma su ogni dettaglio del quotidiano dei diversi personaggi. Nel suo minimalismo esasperato, al film manca persino quella traccia estetizzante tipica di certo cinema orientale (si pensi a Kim Ki Douk), così come è assente quella profondità di contenuti rintracciabile altrove (a cominciare da Kurosawa). In più, alcune sottotracce narrative vengono abbandonate alla stregua di alcuni personaggi (su tutti, la vicenda dei due clienti, marito e moglie, che su opposte sponde ingaggiano il detective per rovinare economicamente l'altro, di cui non è dato sapere l'esito e che all'improvviso spariscono dal racconto). A leggere le recensioni su giornali e riviste specializzate, si ottiene un saggio della protervia di quella critica togata che crede ciecamente nell'equazione lentezza=qualità.
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