Regia di Scott Derrickson vedi scheda film
Le mani del brillante neurochirurgo Stephen Strange rimangono danneggiate in un grave incidente automobilistico. Nel tentativo di trovare un modo per guarirle, Stephen, dalla sua New York, si avventura fino a Katmandu, dove finisce nel tempio di Kamar-Taj. Qui il medico materialista viene a contatto con la spiritualità di una setta di monaci guerrieri, guidati dall'Antico. Così tramite un'addestramento che mette insieme arti marziali interne in stile Qi gong, spiritualità new age e tradizione magica occidentale, il buon dottore riconosce i propri errori, apre il terzo occhio mistico e impara a padroneggiare le arti occulte. Insomma l'arrogante Stephen Strange diventa il saggio Doctor Strange, supereroe cardine dell'universo magico Marvel.
Il regista e sceneggiatore Scott Derrickson e il co-sceneggiatore Robert Cargill ripropongono il modello origin movie del nolaniano Batman Begins, con tanto di rielaborazione del classico schema narrativo del viaggio dell'eroe mitico: Stephen rifiuta inizialmente la chiamata dell'eroe - incarnata dall'interesse romantico Christine - ma dopo un evento traumatico che distrugge il suo status quo, si avventura in un viaggio al «centro del mondo» e attraverso l'aiuto di un mentore e alcuni oggetti magici può tornare, rinato, in patria per difendere l'umanità dal male - il demone Dormammu e i monaci rinnegati che lo venerano, guidati da Kaecilius. Naturalmente mancano le speculazioni sociopolitiche e la cupezza della pellicola dedicata all'eroe DC. Invece abbondano i momenti comici, il senso del fantastico e le gigionerìe del protagonista Benedict Cumberbatch: insomma tutte quelle caratteristiche family friendly a cui la Disney ha condannato i supereroi Marvel dei quali gestisce le trasposizioni filmiche.
D'altronde Derrickson, regista horror del non troppo entusiasmante L'esorcismo di Emily Rose ma anche del ben riuscito Sinister, privilegia gli aspetti visivi del prodotto. Così paga i dovuti omaggi all'immaginario psichedelico, da cui Steve Ditko trasse a piene mani per creare il buon dottore nel '63 e, grazie a un tourbillon di effetti speciali e CGI, trasforma il viaggio astrale nel regno di Dormammu in un brutto trip da LSD degno del Serpente di fuoco cormaniano. Mentre il mondo dello spirito – la cui visione teorica, fra le altre cose, rimanda alle ottocentesche teorie del Péladan – assume i colori acidi e la fluidità materica, tipici delle allucinazioni da funghetti. Eppure il reale punto di forza visivo del film lo si trova non tanto in questi momenti, ma piuttosto quando la CGI viene utilizzata per fare del mondo in cui si muove Strange, un mondo mutante/ibrido fra scenografie reali e digitali, costantemente immerso in un processo di divenire. Derrickson, infatti, attraverso una regia sicura, che sa ben gestire le modalità estetiche di matrice videoludica, trasforma gli scenari delle battaglie del dottore in delle architetture viventi. Al loro interno le coordinate spaziali vengono riscritte all'infinito, come fossero delle riproduzioni 3D dei quadri di Escher, mentre il continuo vagare della macchina da presa tra gli interstizi di queste assume il valore di una rappresentazione del concetto di Tao,“totalità in continuo divenire nella reciproca alternanza degli opposti”.
Questa messa in scena delle arti magiche per mezzo di manipolazioni spaziali, figlie dell'Inception di Nolan e di alterazioni temporali, nella forma dell'effetto rewind video, svela la metafora sottostante al film. Cioè l'idea che la magia nel nostro presente tecnologico sia rappresentata dal cinema, inteso come un dispositivo capace, attraverso l'illusione della riproduzione del reale, di decostruire la percezione stessa della realtà dello spettatore, per mezzo di una costante manipolazione delle cognizioni che quest'ultimo ha dello spazio (la selezione del punto di vista operata dalla macchina da presa) e del tempo (le condensazioni e dilatazioni temporali permesse dal montaggio). Inoltre questo tipo di esperienza magica, sembra suggerire Derrickson, cambiando la prospettiva con cui lo spettatore guarda alla realtà, può mettere in crisi le sue idee sul mondo. Spinto, allora, in un universo privo di coordinate morali preconcette, sarà egli stesso a ricostruire la propria etica, attraverso nuovi codici visivi/comportamentali, esattamente come è costretto a fare, nel film, Strange, che, da cinico materialista arrogante, diventa l'unico eroe del Marvel Cinematic Universe a esprimere la necessità morale di rifiutare l'uccisione del proprio nemico in battaglia.
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