Regia di Lawrence Roeck vedi scheda film
SCOTT EASTWOOD: NEL NOME DEL PADRE
Terre del Nord America 1872: la Guerra di Secessione è finita da sette anni e Jackson è un giovane reduce che vive con la moglie in una fattoria.
Impariamo a conoscerlo nel bel mezzo di una tragedia: una notte dei messicani attaccano la proprietà, immobilizzano l'uomo, rapiscono la donna e danno a fuoco tutto il podere.
L'uomo mette in salvo a stento il cavallo e stranezza al suolo.
Accorreranno i vicini per salvarlo, ed il giorno dopo, roso dall'ansia e dalla rabbia, il giovane si metterà sulle tracce dei rapitori.
A dividere fuggitivi e aggredito, una serie di personaggi a metà strada tra lo strambo ed il folle, che tuttavia poco per volta riusciranno ad insinuare nellp spettatore dubbi legittimi circa la veridicità di tutto quello che ci e' stato fatto capire fino a quel momento.
Diablo è un western curioso che vira, possiamo dirlo, alle atmosfere horror, e si fa forte di numerose scene acrobatiche (quasi una fissazione del regista, che arriva sino all'ostentazione e al manierismo) che, dall'alto, spaziano sulle dinamiche di un paesaggio dai contorni mozzafiato e dalle dimensioni incommensurabili, spaziando dalle verdi praterie alle pinete innevate ad alta quota.
Scott Eastwood è perfetto nella sua lenta metamorfosi, e lo aspettavamo con curiosità al varco di una prima occasione western. Apprezziamo in particolare, oltre alla trasformazione caratteriale, che via via inizia a definire più chiaramente il personaggio (si fa per dire...), soprattutto quando viene sorpreso a scimmiottare, con estrema pertinenza, antiche fantastiche espressioni facciali di papà Clint, che col western come sappiamo fece fortuna e imparò a dovenire una star.
Molto interessanti i bizzarri personaggi che popolano il viaggio del nostro uomo, utili a chiarire fino in fondo la portata "diabolica" che il film promette, e dimostra di saper mantenere e gestire con sufficiente stringata coerenza narrativa.
Tra questi in plauso va a Walton Goggins, veterano del western e divenuto celebre grazie all'ultimo Tarantino, ma in raltà caratterista di razza e talento: la sua prova si avvale, come di consueto, di una strategia recitativa che ben rende la follia di fondo che in lui non passa inosservata e anzi dà valore ad un'opera più curiosa in effetti, che veramente riuscita: un western crepuscolare che ama perdersi tra gli ameni spazi di una natura incontaminata.
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