Regia di François Ozon vedi scheda film
Film intenso e profondo, specie là dove esplora, sbugiardandoli, le ragioni e il senso dei conflitti armati: il protagonista Adriene è il Piero della Guerra di De Andrè, e corre qualche brivido pensare che l’Europa del 1919, così ben fotografata da Ozon ancora ferita nei corpi e nello spirito, avrebbe ripetuto lo stesso errore di lì a pochi decenni.
Adriene, nella prima parte del film, è un francese piovuto in Germania. Nella seconda parte sarà Anna la straniera in terra di Francia. E proprio il contrasto degli animi ancora esacerbati dei popoli con la delicata tenacia con cui i due, già nemici, condividono ora il ricordo di Frantz è il punto di forza di questo film.
Appena un po’ stucchevole (forse perché già usata troppe volte) l’alternanza tra il bianco/nero e il colore, usato il primo per il presente e il secondo per i ricordi; sebbene una artefatta e intelligente commistione di ciò che è presente e ciò che è ricordo la possa rendere anche apprezzabile. Come molto apprezzabile è il finale un po’ a sorpresa, che gioca con inganni innocui di profili e fisionomie, davanti a un quadro di Manet che inneggia misteriosamente alla vita.
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