Regia di François Ozon vedi scheda film
Quello a cui Ozon dà vita con Frantz si potrebbe definire un racconto esemplare, ispirato ad uno scritto di Maurice Rostand e concepito, anche nella trasposizione su pellicola, più nello spirito dell'apologo antimilitarista che non in quello del dramma storico, memento di come qualunque conflitto finisca col tradire gli uomini che credono di poterlo governare, gettando vittime e carnefici, innocenti e colpevoli, bene e male in una drammatica mischia.
Collocarsi al termine della prima guerra mondiale agevola Ozon nell'astrazione della riflessione, facendo di Francia e Germania due nazioni archetipiche entrambe prostrate da un conflitto che pure le aveva distinte nell'esito lasciandole nemiche, e in qualche modo lo asseconda dandogli modo di allestire una ricostruzione d'epoca curatissima e molto elegante, forse ai limiti del calligrafico anche nella studiata alternanza del bianco/nero e colore calata con troppa precisione su alcuni passaggi che ne escono oltremodo rimarcati. Senza dubbio più nitido ed essenziale nella prima parte, in cui l'andamento caratteristico della novella ben predispone anche nei confronti di un certo didascalismo e dove un persistente tono allusivo riesce a mantenere l'interesse della vicenda ad un buon livello. Nella seconda e più dilatata metà, che vede la protagonista avventurarsi in un viaggio un po' pretestuoso, il racconto tende a perdere tensione, così che mistero e sentimento ne escono intiepiditi e un po' appannati, mentre dal prolungato susseguirsi di scene ci si attenderebbe almeno un cambiamento di rotta, nuova linfa narrativa, una scalfittura d'autore seppur nel rispetto nel nobile simbolismo.
Messaggio sempre attuale e forma di gran pregio, la mia impressione però è che Ozon si esprima al meglio quando non deve fare troppo il bravo ragazzo.
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