Regia di James Gray vedi scheda film
Un viaggio uno e trino che diventa una ragione di vita, anzi di riscatto per un uomo ambizioso, intelligente, quindi curioso. Gray si getta con impeto dell'avventura pura ed epica con un film solenne, diretto con stile esemplare e la classe che da sempre gli riconosciamo.
Regno Unito -inizi '900: il valoroso e volitivo tenente Percy Fawcett, che nonostante coraggio e destrezza non può vantare al suo cospetto onorificenze e medaglie a causa delle sue non proprio esemplari caratteristiche dinastiche, viene destinato, grazie alle sue giovanili conoscenze della cartografia, ad essere inviato in missione nella giungla amazzonica, a quell'epoca quasi completamente vergine ed inesplorata, col compito di tracciare il confine ufficiale tra Bolivia Brasile; circostanza che richiede interventi di un paese terzo tra due stati in rotta e sul punto di dichiararsi guerra.
La missione, durissima ma quasi completamente conclusa, mette tuttavia in luce particolari importanti non sottovalutabili: oggetti ed utensili finemente lavorati sparsi nella foresta più invalicabile, che farebbero pensare all'esistenza di una antica città sepolta dalla vegetazione e, a detta degli indigeni, colma di ricchezze e di oro.
La volontà di confutare quelle ipotesi è tale che Fawcett, forte dell'entusiasmo del suo socio e dell'incoraggiamento della moglie, nonche' grazie ai finanziamenti di alcuni giornali molto interessati, si appresta ad effettuare tempo dopo una seconda missione.
Che tuttavia fallisce anche a causa di un comportamento negligente di un membro influente e facoltoso della spedizione.
In seguito il militare abbandona nuovi progetti in tal senso, impegnato a combattere in guerra ma, nel 1924, su insistenze del figlio primogenito, ormai adulto, si lascia convincere ad un nuovo tentativo: dal quale non faranno mai più ritorno.
L'eccelso regista americano con discendenze russe James Gray, cambia registro e stile, ma si conferma un gran cineasta nel dirigere l'epica di una ossessione che diventa una ragione impellente ed irrinunciabile di vita.
Si intravedono, nelle ossessioni del personaggio complesso e controverso di Fawcett, i tratti distintivi di una vera e propria missione impossibile dai toni "conradiani" che ha del geniale ed una unicità spinta da una forza che conduce vicini alla follia, seppur il protagonista rimanga sempre lucido e risoluto nelle sue cinvinzioni-ossessioni esplorativa.
Alcune atmosfere, come quella del teatro lirico nella foresta, rimandano a gioielli cinefili come Fitzcarraldo, costituendo questa stessa impresa una avventura utopica quasi delle proporzioni della bizzarra e magnetica vicenda herzoghiana.
Gray dirige con classe producendo scene fluide che si intersecano con altre differenti ma assimilabili nello stile come nel movimento, e dirige un film d'avventura epico che ricorda Le Montagne della Luna dell'ottimo Bob Rafelson: un film all'antica girato con grande maestria e senso dell'avventura più pura.
Ottimo Charlie Hunnan, maturo e motivatissimo, a cui si affianca un egregio Robert Pattinston, ed una sofferta ma tenace Sienna Miller, bella come una diva d'altri tempi.
In un piccolo ruolo affascinante che ricorda l'istrionismo del Kurtz di Brando, ci piace poter ritrovare il nostro Franco Nero, ricco trafficante di caucciù nella sua eccentrica dimora all'interno di una foresta quasi ipnotica.
Un film, quello di Gray, in cui si respirano le arie solenni dell'avventura nel suo spirito più classico ed austero, e quindi puro, rinunciando - come fa saggiamente la pellicola sempre e con decisione - alle tentazioni barocche del genere avventuroso più commerciale e acchiappa-consensi, anche quando si parla di fiumi popolati da piranhas assetati di sangue o di popolazioni cannibale ostili all'invasore bianco.
Uno stile invece solenne, serio e puro di racconto che, a mio giudizio, non costituisce eresia paragonarlo a quello di grandi maestri come David Lean.
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