Regia di James Gray vedi scheda film
Le esplorazioni geografiche inglesi in America Latina, e la possibile esistenza di una mitica civiltà, splendida od orrida che sia.
È una pellicola in cui convivono pregi e difetti, da un autore che in passato ci ha regalato anche capolavori come “Two lovers”.
Le parti ambientate in Inghilterra sono piuttosto convenzionali, celebrative, e a tratti persino retoriche (come i discorsi alla società geografica). Anche il rapporto con la moglie andava stropicciato un pochino, per evitare il quadretto semplicistico e ideale che invece riceviamo. La spruzzata di femminismo, infine, è un altro inchino al politicamente corretto odierno.
La parte ambientata nella giungla boliviana, invece, ha un tono abbastanza diverso. Si sentono echi di Werner Herzog (Aguirre) e di John Boorman (Un tranquillo weekend...), e si vede l'uomo vulnerabile che sfida un ambiente naturale irto di pericoli, abitato da popolazioni con atteggiamenti ambigui, apertamente ostili, o amichevoli ma a pesanti condizioni. Lo stereotipo del buon selvaggio contrapposto all'europeo corrotto è evitato completamente.a
La presenza di una civiltà misteriosa, forse vivente e forse scomparsa da secoli, esercita un fascino ambiguo e irresistibile sul protagonsita, e anche il film vuole comunicare allo spettatore questo sentimento di forte curiosità e interesse. Per quello che mi riguarda, io non mi sarei certamente sentito di rischiare la vita per scoprirla. La foresta vergine e la fantomatica civiltà diventano, infatti, quasi un buco nero, che attira e poi annienta coloro che si lasciano tentare di entrare.
Se il discorso alla società geografica mi aveva quasi indotto ad interrompere la visione, poi l'ho guardato volentieri, anche se secondo me è ben al di sotto delle potenzialità ed originalità del regista James Gray.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta