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Banditi a Milano

Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film

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La recensione su Banditi a Milano

di mm40
8 stelle

Signore e signori, il poliziesco all’italiana nasce qui. Uno dei generi più popolari (il più popolare addirittura?) degli anni ’70 si forma in questo piccolo gioiello della produzione di un cineasta perennemente sottovalutato come Carlo Lizzani. Di Leo, Lenzi, Massi e tanti altri: prenderanno tutti spunto da questo lavoro. Lizzani, per la sua natura di sperimentatore di generi e stili, ha spesso toppato (a volte anche senza scusanti), ma non gli si può non riconoscere una curiosità, un’attenzione alla contemporaneità e una generosità ben superiori alla media dei registi connazionali, caratteristiche preziose soprattutto in un’epoca come quella dei grandi autori (Fellini, Visconti, Antonioni e via dicendo), fra i Cinquanta e i Sessanta. Dopo il discreto esperimento di Lutring – Svegliati e uccidi, riecco Lizzani all’opera sul genere del ‘film di rapina’, già sviscerato in Italia da Marco Vicario (da Sette uomini d’oro, 1965, in avanti), ma con un’innovazione fondamentale alla base: l’innesto della realtà nella trama comunque essenzialmente di pura fiction. Ed è una realtà cronachistica, presa dai giornali (i cui titoli compaiono infatti ripetutamente nel corso della pellicola), fortemente debitrice al documentario, forma espressiva anch’essa richiamata di continuo in Banditi a Milano, la cui struttura narrativa è perennemente in bilico fra reportage giornalistico (a fatti compiuti, con tanto di intervista al giovane commissario Basevi) e racconto in presa diretta (e l’azione infatti si spreca: adrenalina, inseguimenti, sparatorie, tutta roba che tornerà prepotentemente utile al filone nascente). Da questo punto di vista si instaura quindi anche l’ottica del ‘western metropolitano’, per la quale Lizzani è senz’altro ispirato dal Germi de In nome della legge, ma che il regista romano ha il grande merito di codificare per la generazione di registi d’azione a venire; la sceneggiatura è firmata dal regista e dalla coppia Dino Maiuri-Massimo De Rita, tris che scriverà anche il successivo Barbagia, la società del malessere. Fra l’altro De Rita qui esordisce: proseguirà una carriera nel ‘genere’, senza scadere mai qualitativamente, fra spaghetti western, thriller e infine prodotti televisivi (La piovra su tutti). La cronaca, si diceva, ha un ruolo determinante: dettaglio non ininfluente, la storia si basa su fatti concretamente avvenuti soltanto qualche mese prima, quelli relativi alla banda Cavallero; è la prima volta, ma non sarà l’ultima (San Babila ore 20, Mamma Ebe) che Lizzani gioca la carta dell’instant movie. La contaminazione con la commedia di costume (in un certo senso “all’italiana”) è infine evidente nelle scene dei falsi allarmi o in certe macchiette che, contenute, risultano efficaci elementi di contorno, senza sminuire la serietà della trama (l’uomo che vaga per il commissariato alla ricerca della propria automobile rubata). Se ancora non bastassero le ragioni per apprezzare Banditi a Milano, ecco quindi il cast: bravissimo Don Backy, incisivo Tomas Milian, superlativo (come al solito) Gian Maria Volontè. Con un terzetto del genere anche l’appeal del pubblico è conquistato; ma ci sono anche Ray Lovelock, Piero Mazzarella, Carla Gravina e, in ruoli minori, Ugo Bologna e lo stesso Lizzani, in una comparsata nei panni di un poliziotto. Colonna sonora di Riz Ortolani: manco a dirlo, la ciliegina sulla torta; la produzione di Dino De Laurentiis si fa sentire tutta. 8,5/10.

Sulla trama

Una banda di insospettabili malviventi terrorizza Milano con una fitta serie di incursioni e rapine in varie banche. Ci scappa anche il morto. La polizia arranca, poi finalmente riesce ad arrestarli. Ma a caro prezzo.

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