Regia di Renaud Fely, Arnaud Louvet vedi scheda film
Di trasposizioni cinematografiche e televisive sulla vita di San Francesco d'Assisi ne abbiamo già viste parecchie: solo la regista italiana Liliana Cavani ne ha trasposto le gesta in ben tre occasioni durante la sua carriera di cineasta.
Questa volta tuttavia i due registi francesi Fely e Lovet si concentrano non tanto sull'intera vita del santo, ma su uno specifico momento della maturità di Francesco, concentrandosi sulla sua amicizia solida e solidale dello stesso con Elia da Cortona; un attaccamento che non impedisce ai due di confrontarsi in modo anche acceso su due concezioni differenti di santità e di organizzazione del percorso religioso a cui sottoporre i fedeli, restando coerenti ai dettami generali di una Chiesa e di un Papato da cui comunque dipendeva l'ottenimento del riconoscomento ufficiale dell'ordine formato e portato avanti con fervore dal santo.
Ci troviamo pertanto dinanzi a due persone che si rispettano e si vogliono bene, ma che cercano l'uno di mettere a punto un ordine religioso che si attenga strettamente ai dettami del vangelo, l'altro invecel il Cortona, impegnato a rendere istituzionabile, e dunque riconosciuto, lo stile di vita, il comportamento rigoroso e i processi di vita che la dottrina francescana impone ai suoi appartenenti: gente in grado di spogliarsi letteralmente dei propri averi per vivere in povertà nella pace e nel rigore.
Bisogna pertanto dare atto ai registi di aver saputo concentrarsi sul lato meno edulcorato ed appariscente inerente il celebre santo, sfuggendo il più possibile - e per far ciò ci vuole rigore e coraggio in linea e coerenza con la scuola francescana - le tentazioni calligrafiche e i luoghi comuni che in qualche modo inevitabilmente abbondano nella maggior parte delle altre trasposizioni cinematografiche.
Qui ci si confronta con i tormenti dell'uomo, con il suo rigore, con la sua sofferenza scelta e condivisa, e che si manifesta anche con una serie di problemi di salute (primo fra tutti la greve infezione agli occhi che affligge per molto tempo l'uomo Francesco), e si tralascia o si riduce al minimo indispensabile la rappresentazione bucolica ed agreste di una vita in armonia con la natura: ovvero questa c'è ed è sempre saldamente presente in ogni sfondo scenografico, ma non per questo ostenta in ogni inquadratura la sua inequivocabile incomparata bellezza, mostrando al contrario anche un suo lato decisamente più realistico e in qualche modo insidioso.
Un film sull'uomo che divenne santo secondo un processo lungo e doloroso che matura di giorno in giorno, più che sul santo già fatto e formato; e pure un film realista e scevro di fronzoli, povero ma concentrato sulle ossessioni di un uomo intento a raggiungere una santità ed una perfezione che vanno al di là della morale del tempo, decisamente più opportunista e terrena, in capo ad una Chiesa per nulla disposta ad abbandonare le sue gerarchie di potere, il suo potere temporale, prezioso, irrinunciabile, ben più agognato e difeso di quello spirituale, dato per scontato e rappresentato come un rito ripetitivo e pagano che non ammette né riconosce le eccentricità genuine e pure di chi al contrario ha scelto la povertà come base di partenza.
Tra le cose più valide del film, i due interpreti amici e contendenti, resi con grande spessore dai bravi Elio Germano e Jérémie Renier, che assieme costituiscono la vera forza di un film povero e talvolta un pò inerte, semplice, ma anche come ingessato nel suo coraggioso ed intransigente non voler mai apparire sopra le righe o in preda a calcolate e scenografiche frenesie mistiche.
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