Regia di Shintaro Shimosawa vedi scheda film
Singolare (almeno per me) il caso di questo mix di cupo thriller psicologico e legal thriller. Singolare perchè il film è stato accolto idealmente dai fischi e dalle derisioni della nostra critica, mentre a mio avviso si tratta di un ottimo film. Clamorosa (nel suo piccolo) la recensione di Repubblica, dove il film dopo esser stato definito "intorcinato" viene suggerito alla candidatura al premio "Razzle" (una istituzione satirica USA che massacra le peggiori pellicole dell'anno). Mah, non saprei come commentare tanto odio verso un film che -anzi- offre una sceneggiatura complessa e come minimo interessante. "Intorcinato"? io sostuirei questo spregiativo col termine "intrigante". Invero, l'evolversi degli eventi è irregolare e non proprio semplicissimo da seguire (e -lo ammetto- da accettare). Ma è proprio tale non lineare complessità a rendere pregevole l'opera e ad elevarla dalla media dei prodotti del genere. L'atmosfera e l'ambientazione, intanto. Una New Orleans quasi sempre notturna, buia, fredda, minacciosa. E già qui partiamo bene. Poi c'è l'incipit con la scena (girata benissimo) dell'appuntamento per il pagamento del riscatto, da cui prende le mosse tutta la vicenda. Facciamo la conoscenza con un boss dell'industria farmaceutica ricco sfondato e potentissimo che sembra reagire bene alle accuse di chi lo vorrebbe responsabile di traffici illeciti di medicinali difettosi. Meno bene pare reagire ai capricci di una giovane amante che scopriremo essere del tutto fuori di melone. Poi conosciamo un avvocato (potente anche lui) che è il non plus ultra dell'ambiguità e che si rivelerà spregiudicato criminale. Ma il protagonista effettivo del film è un (altro) giovane avvocato il cui personaggio è molto interessante, raffigurato come un uomo alla deriva, professionalmente appagato ma umanamente e moralmente in crisi totale, combattuto tra una moglie stanca e un'amante che definiremo con eufemismo "diabolica". Poi entra in scena un tremendo killer motociclista. Tutti questi personaggi interagiscono a vari livelli, secondo uno script effettivamente non semplicissimo ma per molti versi accattivante, quasi una sfida allo spettatore. Ciò che più mi ha conquistato del film è questo impegno dei due sceneggiatori nel saper conferire all'opera un credibile clima di opera "malata" ed oscura. Evidenti sono i richiami (anche e soprattutto grazie al commento musicale, funzionale al massimo in tal senso) al cinema di Hitchcock e di De Palma. Richiami ignorati, evidentemente, da coloro che, come accennavo all'inizio, hanno stroncato brutalmente il film. Lasciatemi ora esprimere il mio solito mini-pippone vagamente moralista in cui non posso che apprezzare un lavoro di sceneggiatura impegnativo in un momento tristissimo in cui Hollywood sta raschiando ben oltre il fondo del barile (dalle riesumate tartarughe Ninja ad un involontariamente comico Tarzan- ma vi rendete conto? vanno a ripescare Tarzan!!!- per non parlare delle commedie scemotte col protagonista che fa il MAMMO alle prese col bebè che gli schizza la cacca in faccia). Povera Hollywood come stai messa male. Il cast dicono -ovvio, vabbè le malelingue, figuriamoci - che sia una "fiera della gigioneria". Io trovo invece che sia Al Pacino (il delinquente colto che cita Shakespeare) quanto un mitico Anthony Hopkins, funzionino entrambi egregiamente. Anche se il protagonista Josh Duhamel è quello che ne esce vincitore, fornendo un'interpretzione calibrata e azzeccatissima. Poi restano le due interpreti femminili (Alice Eve e Malin Akerman), entrambe perfette nei rispettivi ruoli. Ottimo film. Godibile. Impegnativo. Mai banale.
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