Regia di Shintaro Shimosawa vedi scheda film
Thriller processuale che vira all'intrigo giallo più puro (ed inverosimile). Solida ed efficace regia per uno script che si lascia andare verso un esaltata soluzione ad incastro che propone molte (troppe) soluzioni e variabili, scandite oltre il tempo massimo ed a maggior inganno dello spettatore inerte
Ambizioni, aspirazioni, desiderio di imporsi e di primeggiare: un giovane brillante avvocato deve utilizzare tutta la propria abilità ed astuzia per destreggiarsi di fronte ad un caso scottante, già in mano alla curiosità morbosa dei media, e che coinvolge un potentissimo magnate di una casa farmaceutica, accusato di aver messo in commercio un prodotto che ha causato morti tra coloro che lo hanno ingerito.
A complicare la situazione, tutta una serie di eventi, misfatti situazioni che la trama ci svela poco per volta, giocando sulla nostra credulità e sulla presa emotiva di situazioni estreme, combinazioni pazzesche, congegni e macchinazioni mentali intricatissime, al limite del paradossale.
Nulla di veramente grave in linea di massima: siamo dinanzi ad un thriller legal-processuale che tenta con decisione e piglio adrenalinico la strada gialla, con rapimenti, estorsioni, cadaveri occultati e poi trasferiti per accusare il nostro protagonista innocente, che diviene oggetto e bersaglio di punta di polizia, nonché bersaglio e pedina da parte di un gigante anziano appartenente al medesimo studio legale in cui collabora da poco tempo il giovane: un uomo cinico e spietato che nella carriera lavorativa ha sempre cercato di sbranare gli avversari, incurante di quella che fosse la verità da far emergere; un tipo che pronuncia cinicamente frasi del tipo “Non c’è verità nella legge: tutti mentono”.
E se la regia a cura di un esordiente nel lungometraggio come Shintaro Shimosawa (americano di evidenti origini orientali, molto attivo in televisione con serials come Smallville o The Following) si comporta in modo efficace e suadente, con riprese elaborate e ingegnose, per quanto non proprio originali, a soffrire veramente appare la sceneggiatura, che rielabora fatti ed avvenimenti, modificando le apparenze a piacimento degli sceneggiatori ed a scapito del pubblico, manipolato e raggirato con soluzioni che capovolgono gli indizi con cadenza troppo ostentata e costringendo poi le pedine in gioco a lunghe spiegazioni contorte ma obbligatorie per tentare di fornire un nesso logico e consequenziale ad una storia davvero eccessivamente articolata per apparire almeno minimamente, se non plausibile, almeno opportuna o auspicabile.
Della serie: tutti sono colpevoli, chi più, chi meno, ma ogni coscienza ha qualcosa, qualche ferita che non riesce per nulla a rimarginarsi.
Nel cast tutto lustrini, blond girls e star, le due icone della recitazione (Pacino+Hopkins ovviamente) gigioneggiano senza ritegno, ma il loro fugace incontro davanti ad un tavolo pre-processuale suggella un piccolo emozionante momento che si avvicina ad essere memorabile.
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