Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Pablo Larrain dirige per la prima volta un film in America, e sceglie un bio-pic su Jacqueline Kennedy da far uscire praticamente in contemporanea con "Neruda", che resta il suo migliore film fino ad ora. Per quanto il confronto con Neruda resti sfavorevole, come era praticamente ovvio, "Jackie" è un'opera molto personale, un film biografico che infrange le regole codificate, un tentativo di approfondimento su una figura che resta misteriosa ed elusiva alla fine della visione. La sceneggiatura di Noah Oppenheim parte da un'intervista concessa ad un giornalista circa una settimana dopo i tragici fatti di Dallas che videro l'assassinio di Joseph F. Kennedy, e poi si concentra gradualmente sui fatidici quattro giorni successivi all'omicidio in cui Jackie contribuì in maniera determinante alla costruzione di un mito riguardante il marito defunto, promosso ad Eroe difensore della Patria e dei valori americani. Anche qui la voce off è spesso determinante, come lo era in Neruda, nel condurre alcune sequenze praticamente mute che acquistano il loro significato proprio dalle parole pronunciate fuori campo dalla protagonista, con un effetto che in certi momenti sembra ricordare volutamente le “epifanie” di Malick, soprattutto quando Jackie discute di fede con un sacerdote cattolico. Il regista dà molto spazio anche ad una ricostruzione di uno special televisivo, “Guided tour of the White House”, in cui Jackie mostrava le stanze dell’appartamento presidenziale ai reporter televisivi, con il direttore della fotografia Stephane Fontaine impegnato a simulare l’effetto dei filmati di repertorio. Il film è un collage che corre volutamente il rischio della disarticolazione, ma che risulta vincente per il coraggio delle proprie convinzioni, per l’originalità e la creatività di molte scelte registiche come quella di stare spesso incollato in primissimo piano al volto di una Natalie Portman in versione tragica, ma che non eccede mai in istrionismi e risulta dolorosamente credibile. Nel cast di contorno apprezzabile Peter Sarsgaard come Bobby e soprattutto Billy Crudup nella parte del disincantato giornalista, mentre Greta Gerwig fa poco più di un'apparizione. Le musiche di Mica Levi aggiungono quel tocco poetico che per fortuna non scade nel poeticismo. Un film-scommessa, insomma, ma in buona parte una scommessa vinta.
Voto 8/10
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