Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Ci sono due tipi di donne: quelle che cercano il potere nella società e quelle che cercano il potere nell'amore.
L'intervista concessa a Theodore White del settimanale Life permette a Jacqueline Bouvier in Kennedy di ritornare alla sua vita da first lady e al suo rapporto con John F. Kennedy, passando anche allo straziante ricordo del giorno del suo omicidio a Dallas.
Una grande interpretazione di Natalie Portman (che scandalo l'Oscar dato alla pur brava Emma Stone!), che si porta letteralmente addosso la cinepresa di Larraine per tutto il film, cerca di aiutare lo spettatore a risolvere l'enigma che ha intrigato una generazione intera: quanto quella donna ha agito nei giorni successivi alla morte del Presidente come una vedova addolorata e quanto in preda ad uno stimolo di incontenibile vanità?
Nonostante Jackie intenda formalizzare quel breve periodo alla Casa Bianca come una sorta di favola mitologica, quella di Camelot, e accreditare il marito come un epigono della stessa statura storiografica di Abramo Lincoln, il film ci mostra una donna che per la maggior parte del suo tempo alla Casa Bianca vive in un gran senso di solitudine, a cui rimedia cercando di personalizzare la dimora con un'immagine di eleganza e cultura, tramite arredi costosissimi e feste celebrative di grande richiamo.
Quella solitudine che alla fine culmina nel suo vagare fra le stanze vuote preparando il suo trasloco dopo la morte di Kennedy.
Ma alla fine una soluzione al quesito non esiste: in questo ritratto che propone Larraine, il quale mescola sapientemente storia e fiction, dati concreti e stati emotivi, non può emergere la Verità. Perché la Verità sta nell'anima delle persone, ma a volte - nonostante gli sforzi - quell’anima non è accessibile.
Notevole anche la interpretazione di Peter Sarsgaard.
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