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Jackie

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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La recensione su Jackie

di Spaggy
9 stelle

Dopo che John Fitzgerald Kennedy viene assassinato a Dallas il 22 novembre 1963, dopo due anni e dieci mesi di Presidenza degli Stati Uniti, la moglie Jacqueline è costretta ad affrontare il trauma e il dolore vissuti per ritrovare la fede, consolare i suoi bambini e gettare le basi per fare del marito un’icona, una leggenda da consegnare al tempo. Jackie, come tutti la ricordano ancora oggi, ha solo 34 anni quando è testimone diretto di uno dei crimini irrisolti della storia politica degli States: viaggia a fianco del marito quando dei proiettili sparati da qualcuno tra la folla della città texana colpiscono l’uomo prima al volto e poi al cranio, decretandone la morte sul colpo. Elegante, attenta alla moda e ai convenevoli, imperscrutabile e a suo modo rivoluzionaria, Jackie è stata la prima First Lady ad avere aperto le porte della Casa Bianca alla gente, grazie a un documentario televisivo fortemente voluto per entrare nel cuore di coloro che il marito governava, non senza qualche grana da risolvere (i rapporti con Cuba e il Vietnam, in primis). Amante dell’arte, Jackie era già considerata un’icona di stile quando, dopo l’omicidio del marito, deve organizzarne i funerali, occuparsi del comunicare la notizia ai due piccoli figli, gestire il trasloco dalla Casa Bianca per lasciare il posto a Lyndon B. Johnson e fare i conti con il proprio dolore personale.

Per raccontare la figura di Jackie, Pablo Larrain ricostruisce un’intervista che qualche tempo dopo la stessa concesse a un giornalista e che fece il giro del mondo consacrandola definitivamente come il simbolo dell’eleganza e della maestà. Nella difficile conversazione con il giornalista, in cui Jackie alterna momenti di profonda commozione e a istanti di raziocinio che la portano a voler preservare la sua privacy, emergono i momenti vissuti in prima persona dall’arrivo a Dallas fino al funerale e a una lunga conversazione con un anziano sacerdote sul valore della fede e sul suo futuro. Ripercorrendo la storia, Jackie non lesina dettagli sulla sua esperienza televisiva, sul rapporto di lavoro e amicizia che la legava a Nancy Tuckerman, sullo scambio di opinioni con il cognato Bobby e sull’organizzazione della cerimonia funebre.

Sconvolta dall’immenso dolore di aver perso prima di tutto il marito e il padre dei suoi figli, Jackie narra i momenti felici prima della partenza, gli attimi in cui ha scelto cosa indossare o in cui ha provato il discorso da tenere in spagnolo in pubblico e la concitazione che è seguita agli spari fatali. Macchiata di sangue del marito, Jackie ha vivide immagini che la riportano sull’auto che sfreccia verso l’ospedale di Parkland e del momento in cui osservando il volto oramai esanime del marito ne ha colto la serenità nello sguardo. Ripensa non senza una certa criticità all’autopsia e al trasporto del feretro, così come all’elezione di Johnson e al suo cedere il posto di First Lady alla consorte del nuovo Presidente. Nel suo sguardo c’è la consapevolezza di dover tornare nel dimenticatoio, laddove si troverebbe in compagnia delle mogli dimenticate di presidenti (ad eccezione di Lincoln) di cui nessuno ricorda più né il nome né l’operato. È chiamata dunque a confrontarsi da un lato con la Storia e dall’altro lato con se stessa come donna. Che ne sarà dell’immagine del marito? Che ne sarà di lei? E dei suoi due piccoli figli Caroline e John Jr.? Perché Dio ce l’ha tanto con lei, rubandole prima i figlioletti Arabella (nata morta) e Patrick (sopravvissuto dalla nascita poco meno di 40 ore)?

Con il piglio deciso e come un vero capo di Stato che deve nascondere la paura dietro le porte chiuse della sua camera da letto, Jackie detta come deve essere portato avanti il funerale, come deve essere organizzato il corteo funebre, chi deve prenderne parte e come si porterà lei stessa. Una sola cosa in quel momento ha a cuore: la sicurezza dei suoi bambini. In quei giorni di follia che vedono prima assassinato il marito e poi il suo assassino, Jackie cambia idea più volte su come lei prenderà parte ai funerali. Su una cosa però è certa: devono essere maestosi. Ci si dovrà ricordare sempre dell’uomo che ha amato. Con contegno e coraggio sfida le regole del cerimoniale e opta per una lunga processione che dalla Casa Bianca arriva a piedi alla cattedrale di St. Matthew. Decide dove il marito dovrà riposare in eterno, al cimitero nazionale di Arlington, scegliendo la posizione esatta in cui il feretro sarà calato.

Nel frattempo, però, il calare della sera e la solitudine della sua camera confluiscono ad accrescere il suo dolore. Tranquillanti, alcol, musica e vestiti, diventano l’unico modo possibile per sfogare la sua rabbia e il suo dolore. Nessuno ha modo di vederla così a nudo, così fragile e indifesa. Timorosa del suo futuro, esterna i suoi dolori a un anziano prete, a cui confessa il desiderio di volere morire e i suoi dubbi sulla fede. Riconcederà tale lusso al giornalista che la intervista, decidendo però di non far pubblicare interi stralci della conversazione.  L’elaborazione del lutto non è per Jackie semplice: è quando l’intervista sta per volgere al termine che Jackie trova il coraggio di rivivere per la prima volta per intero lo sparo, arrivando quasi a colpevolizzarsi per non aver salvato il marito.

Nella sua lucida ricostruzione basata su frammenti consegnati dagli archivi, Larrain sceglie di seguire tre diversi contesti narrativi. L’intervista fa da filo conduttore ai due grandi flashback che portano al concitato susseguirsi degli eventi e alla lunga conversazione con l’anziano prete. Ricostruendo i filmati in bianco e nero della trasmissione tv in cui Jackie mostrava la Casa Bianca, l’arrivo a Dallas e i funerali, grazie al lascito visivo delle fotografie e delle riprese del tempo, Larrain si concentra sulla donna Jackie e su come essa sia riuscita a fare una leggenda di se stessa e del marito. Seppur a prima vista superficialmente, ne analizza i rapporti con chi la circondava, lo scambio di idee non sempre pacifico con il cognato, la suocera e la nuova presidenza, i pensieri mai rivelati sul futuro e il forte istinto di protezione materna. Istinto che la porta a rivedere più volte lo svolgimento del corteo funebre per paura di eventuali altri attentati ai danni dei suoi piccoli. Ma anche lucida freddezza nell’optare per un lungo percorso a piedi dietro la bara del presidente, un’immagine nel suo dolore talmente maestosa da lambire l’immortalità.

Dimenticando le voci che avrebbero voluto Jackie altezzosa, attenta al potere e attratta dalla ricchezza, Larrain arriva là dove nessuno aveva osato entrare. L’omicidio Kennedy è stato raccontato più volte al cinema ma nessuno si era mai interessato a Jackie, forse per pudore. Larrain con l'aiuto di un gruppo di attori più in forma che mai (la Portman è da Oscar), invece, spalanca le porte sulla sua figura e senza troppa formalità entra nella sua testa, cercando quell’umanità che spesso la gente nega ai miti. Un santino si potrebbe dire ma di lusso, in cui forma e contenuto vanno di pari passi con la fragilità di un donna che per il resto della vita ha sempre dovuto difendersi dalla sua immagine, che ha sempre preservato il nome del marito e che ha sempre fatto del contegno il suo elegante marchio. Al di là dei riflettori e delle copertine che l’avrebbero per sempre segnata.

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Frammenti di Jackie Kennedy:

 

 

 

 

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Dalla realtà al film. Chi è chi:

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