Regia di Tim Sutton vedi scheda film
Classificato come un horror, genera tra il pubblico incomprensioni e pure ira. Ma il film di Sutton, l'orrore che cova dentro la personalità di qualche ragazzo annoiato o frustrato, lo descrive nei minimi agghiaccianti dettagli. Debitore di Van Sant.
VENEZIA 73 - FUORI CONCORSO
Non ho mai particolarmente amato lo stile asciutto e pseudo-documentaristico che ha fino ad ora caratterizzato le prime due opere di Sutton, invitato in entrambe le occasioni precedenti al TFF e uno specialista a filmare i disagi interiori dell'età tardo adolescenziale.
Classificato un pò troppo frettolosamente come horror, il film attira masse qui al Festival veneziano e suscita già prima della mezz'ora iniziale sentimenti di contrarietà ed impazienza, come se il pubblico attendere con troppa ansia uno scoppio di follia che nasce, cresce e si alimenta, ma tarda a manifestarsi.
La macchina segue la giornata di alcuni giovani personaggi, tutti annoiati, vuoti, a disagio con la inconcludente quotidianità che pare non trovare sbocchi all'interno di un quartiere residenziale tutto villette con giardino, piscina e prati rosati.
Un ragazzo in particolare, ricco ed annoiato, trascorre la giornata a pulire la sua micidiale arma, scorrazzare per il quartiere puntando la su persone nell'atto di continuare a svolgere le loro mansioni.
Ma è come un fantasma: nessuno lo nota, nessuno si prende cura di lui. Dovrà tornare, ma di sera, in un cinema, per dare sfogo alla sua frustrazione, che ben trapela dalla profondità inquietante dei suoi occhi cerulei mozzafiato.
Il migliore Sutton di sempre, debitore di Van Sant e di Elephant, ma pur sempre inquietante come non è mai riuscito ad esserlo prima.
Fantastica l'idea maliziosa di auto catarsi nel cinema mostrando la locandina inquietante del film stesso.
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