Regia di Werner Schroeter vedi scheda film
Poco più che trentenne, ma già attivo da una decade (soprattutto con cortometraggi), Schroeter gira Nel regno di Napoli con la ferma intenzione di fare un film alla Wertmuller: e ci riesce perfettamente. Il nucleo della pellicola, scritta dal regista in collaborazione con Gerardo D'Andrea (anche aiuto regista) e Wolf Wondratschek, sta tutto in un affresco sociopolitico che attraversa trentacinque anni di storia italiana vista attraverso le personali vicende di un gruppetto di personaggi. Umanissimi, ricchi (perchè in essi costituiscono senz'altro ricchezza) di difetti, capaci di imparare dagli errori oppure di perseverare, mentre un serrato cadenzare di eventi ci ricorda - spesso didascalicamente, con l'intervento di scritte e voce del narratore fuori campo - che il tempo sta passando. Eventi importanti o che non hanno lasciato grande ricordo di sè, avvenimenti di portata internazionale o semplicemente legati a Napoli e ai personaggi della storia; dal microscopico al macroscopico, le disavventure dei protagonisti finiscono per assumere una portata ben più ampia, come fossero in sostanza rappresentanti di una intera generazione (quella coetanea del regista, peraltro), vissuta fra momenti eccezionali fin dalla sua nascita, che coincide con la fine del secondo conflitto mondiale. Oltre a rappresentare un progetto di grande ambizione e ad essere uno dei rarissimi film che raccontano l'Italia per mano di un cineasta straniero, Nel regno di Napoli è anche opera encomiabile per la recitazione in dialetto (quasi sempre comprensibile, a ogni modo) di un cast per lo più italiano e non completamente composto da professionisti. Musiche 'senza infamia e senza lode' di Roberto Pregadio, che però fino a quel momento non si era distinto per le grandi collaborazioni: aveva infatti scritto per la serie B e soprattutto C del cinema nostrano (da qualche film con Franco e Ciccio a SS lager 5, da Quella età maliziosa a Sesso in testa e via dicendo). La durata deve assecondare la vasta mole di materiale narrativo e supera di qualche minuto le due ore; il ritmo non è omogeneo e il rischio cui si va legittimamente incontro è quindi che centotrenta minuti siano troppi. 6/10.
Fratello e sorella napoletani, nati alla fine della seconda guerra mondiale, crescono durante la ricostruzione di un Paese in difficoltà, prendendo strade divergenti: se la ragazza si dà alla religione, il ragazzo diventa fervente comunista.
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