Regia di Michael Cimino vedi scheda film
Che sia il miglior film di Michael Cimino, non c'è alcun dubbio. E' un'opera di ambizioni smisurate che tenta una riflessione seria e approfondita sulle ferite e i traumi riportati dal popolo Americano durante il famigerato conflitto Vietnamita. Non è un film reazionario o fascista come è stato accusato da una parte della critica, è un affresco di stampo epico che non trascura la dimensione privata ed intima dei protagonisti. Una delle caratteristiche più affascinanti dello stile di Cimino è quella di reggere con estrema abilità scene molto lunghe ed elaborate: ad esempio quella del matrimonio di Steven nella prima parte, che da sola dura più di mezz'ora, oppure quella della caccia al cervo con De Niro che si ostina a ripetere che l'animale va abbattuto con un colpo solo. Il cast contribuisce in maniera decisiva alla riuscita dell'opera, con un De Niro all'altezza delle sue migliori performance nel ruolo del veterano reduce Mike, uno straordinario Christopher Walken che vinse un meritato Oscar nel ruolo dell'ambiguo Nick che diventerà uno specialista della roulette russa a Saigon, una sensibile e luminosa Streep che divide il suo affetto fra i due attori appena menzionati e, fra i comprimari, buone prove di John Cazale (che girò il film in fase di malattia terminale), John Savage, George Dzundza e Shirley Stoler. Il film è di primissimo ordine sotto ogni punto di vista, narrato come un grande romanzo di formazione dal ritmo ampio e solenne, splendidamente fotografato e spesso emozionante e coinvolgente (bellissimo il finale con i personaggi sopravvissuti che cantano "God Bless America", un inno alla speranza e alla voglia di ricominciare di una nazione di fronte ad una delle più cocenti sconfitte della sua storia). Ammetto di essermi sbagliato in precedenza accusando il film di effettismo e sadismo nelle scene dei Vietcong e della roulette russa, forse influenzato da qualche critico dell'epoca che non lo amò più di tanto, perché in effetti non c'è compiacimento, non c'è un calcare la mano sul grand-guignol, ma Cimino mostra la brutalità della tortura come parte integrante della follia della guerra, senza arretrare di fronte agli effetti più scioccanti, ma con lucidità e rispetto dello spettatore.
voto 10/10
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