Regia di Michael Cimino vedi scheda film
In questo film, la regia ha il battito del cuore nella cinepresa, lo schermo vibra costantemente d'emozione e non ci concede tregua. L'obiettivo di Cimino riempie tutta la scena, e, addirittura, tracima dai bordi, con quelle occhiate laterali che rimandano alle situazioni fuori campo, accendendo l'immaginazione, e quegli elementi che si affacciano od emergono dai margini per portare nuovi sviluppi, o diverse rivelazioni. La tensione è come un flusso che contagia le immagini provenendo da lontano, con movimenti obliqui, richiami acustici ed incursioni trasversali: ciò dà vita a un gioco di sguardi e di rimandi che coinvolge lo stesso spettatore, facendo salire il nervosismo a fior di pelle. "Il cacciatore" è un film che ci avvolge con un ritmo mozzafiato, eppure rispetta sempre i tempi naturali dell'azione, le attese, le esitazioni, le ridondanze della gestualità e del dialogo. Un film finemente cesellato, ma sempre crudamente realistico, e mai artificioso; icastico ed impressionante, ma mai gratuitamente spettacolare. Si sa che la linea mediana tra gli opposti è un confine sottilissimo: però, in questo capolavoro, ha l'aspetto sinuoso ed artistico di un arabesco.
L'amicizia è un cerchio che si richiude sempre, a costo di attraversare più volte il mondo. La violenza è, invece, un circolo vizioso, delirante e vorace, che si avvolge su stesso all'infinito, come un'interminabile partita alla roulette russa.
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