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Miracolo a Milano

Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Miracolo a Milano

di ed wood
9 stelle

Apoteosi, più che sintesi, di neorealismo italiano, realismo poetico francese, dada/surrealismo, con rimandi a Frank Capra e tracce di formalismo sovietico nelle sequenze più apertamente politiche, "Miracolo a Milano" è un film empatico, sensazionale, travolgente come pochi altri. Non ha goduto della giusta fortuna critica, nonostante l'accoppiata Zavattini / De Sica sia la stessa del capolavoro assoluto "Ladri di biciclette". La monopolizzante critica marxista dell'epoca non gradiva l'applicazione di un registro umoristico e fantastico, per di più intriso di cristianesimo e metafisica, ad un tema cruciale come la lotta di classe.

 
Miopie inquadrabili nella strumentalizzazione del cinema a fini puramente ideologici, voluta dall'intellighenzia dell'epoca; lo stesso ottuso principio che ha condannato film validi come "Il ferroviere", giudicato troppo individualista, e "Il grido", bollato come esistenzialista.. Per fortuna, il tempo è galantuomo e oggi "Miracolo a Milano" si presenta per quello che veramente è, ossia un poema libero, anarchico, irriducibile a qualsiasi schema ideologico, oltre che una delle più brillanti traduzioni filmiche del concetto di "fantasia al potere". Zavattini non mente, non censura, non annacqua la messa in scena della disparità di classe: semplicemente la rappresenta con moduli distanti dalla rigida dottrina realista, pur partendo da essa. La baraccopoli, inospitale rifugio per i sottoproletari di Milano, è tangibile in tutta la sua miseria materiale.
 
Semplicemente, condizioni di vita difficoltose non potranno mai affossare lo spirito di chi è deciso ad andare avanti a testa alta: basta poco per rimanere attaccati alla vita (anche solo il proprio cagnolino, come ci avrebbe mostrato lo stesso De Sica con "Umberto D" un paio d'anni dopo). La tenacia, l'approccio propositivo, solare ed entusiasta dell'orfanello Totò è una iperbole, certo, una figura fiabesca; ma il cinema vive di immagini, anche eccessive, se tale eccesso serve ad esprimere meglio un sentimento o una idea. Totò si fa carico di tutti i bisogni degli altri poveri come lui, e Zavattini ce lo dice chiaramente, quando lo vediamo mimare le smorfie, i tic e le andature degli altri personaggi, far cantare un aspirante suicida, nominare strade e piazze con le tabelline (fra le tante geniali trovate della sceneggiatura, puri non-sense del tutto slegati da intenti dimostrativi), fino a realizzare magicamente i loro desideri grazie all'intervento del fantasma della madre defunta.
 
L'aspetto più importante di "Miracolo a Milano", che lo rende ancora oggi un film godibilissimo, è il suo essere smaliziato, ironico. De Sica evita che il racconto si sviluppi secondo i crismi di una fiaba edificante, disneyana, moraleggiante, col Bene che trionfa o, peggio, Buoni e Cattivi che si stringono la mano (come in "Metropolis" di Fritz Lang); nel far questo, mantiene costantemente un tono onirico, svagato, irrazionale. Il registro è più vicino a quello leggero ed anti-retorico di un Renoir, un Carnè, un Clair, piuttosto che a quello hollywoodiano. La nebbia che avvolge Milano è anche quella, sintattica e semantica, che impedisce fortunatamente ai personaggi di diventare meri portatori di "valori" esposti schematicamente e alla storia di assumere la traiettoria di una lezioncina di umanesimo buonista (De Sica era sì un umanista, ma duro, aspro, senza sconti). Prevale quindi un andamento stagnante, anti-climax: lo scopo dei sottoproletari non è fare la Rivoluzione, almeno non nel senso marxista del termine; il loro fine è scardinare, con la sola forza di una disperata immaginazione (fornita loro da una colomba celeste, metafora della creazione artistica), l'arroganza della borghesia benestante. Il tripudio di scope volanti, materializzatesi nel celebre finale in Piazza del Duomo, non è la soluzione all'ingiustizia sociale, ma solo il culmine di una fantasia eversiva.
 
Tutto il film è un fuoco di fila di trovate, che ha forse ha l'unico difetto di perdere talora il controllo, accumulando troppi spunti, cadendo talvolta nella freddura o nel macchiettismo. Ma quanta poesia in quel raggio di sole che trapassa dalle nuvole, adunando i poveri in un fazzoletto di terra! Quanto genio nel confronto "cagnesco" fra i due signorotti, che finiscono per abbaiarsi contro, in un duello a suon di cifre! Quanta verità nell'affermare il primato di solidarietà e collaborazione rispetto alle velleità individualiste! Quanta consapevolezza nel mostrare la vacuità dei beni di lusso! Quanta finezza nel delineare, per ellissi e sottintesi, l'ipocrisia di una borghesia che prima tranquillizza i suoi servi e poi li beffa! E quanta epica, infine, nei campi lunghi e nel montaggio alla Pudovkin, con cui viene rappresentato lo scontro di classe! Film capace di anticipare le barricate del Sessantotto (altro che...), aperto da un affresco di varia umanità (arricchito da un uso comico del dialetto meneghino), percorso da un cuore allegorico (la baraccopoli diventa trincea) e concluso da un irrefrenabile proliferazione di sovrimpressioni, che decretano il trionfo dell'immaginazione sulla realtà, "Miracolo a Milano" resta un'opera immortale.
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