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Qui non è successo nulla

Regia di Alejandro Fernández Almendras vedi scheda film

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La recensione su Qui non è successo nulla

di alan smithee
6 stelle

Una ordinaria strage da sabato sera: figli ricchi ed esigenti, alcol a fiumi, un morto; la colpa addossata allo sconosciuto del gruppo, che non ricorda nulla. Per fortuna noi spettatori si, testimoni non accreditati di una serata dedita alla ricerca di novità e di emozioni totali, dove prevale l'irresponsabilità e la voglia di sfuggire alla noia.

Titolo in stile fuorviatamente shackespeariano, per un film che pone al centro dell’attenzione le caotiche scorribande e lo sballo che caratterizzano ogni week end di molti ragazzi nell’età del passaggio tra il periodo teen e quello del primo ventennio: fumi e droghe come condimento e sale di un’euforia che nasconde spesso un disagio, uno spaesamento, e una disperazione di fondo davvero inquietanti e diffuse.

La vicenda si concentra su Vicente, ventenne di bell’aspetto e buona famiglia che torna in Cile da Los Angeles per il periodo delle vacanze, ed in spiaggia si unisce ad una nuova compagnia, dietro il richiamo di un paio di ragazze che lo attirano come un pesce nella rete.

La festa della notte che seguirà li porterà a trasferirsi all’aperto su un pic up di uno degli amici, a rubare fuochi d’artificio ad un ingenuo immigrato, a far esplodere gli ordigni spettacolari e colorati in riva al mare, a investire in pescatore nell’atto di percorrere un rettilineo in preda all’ebbrezza di alcol e fumo.

La colpa finisce per essere addossata al nostro Vicente, che si, ha guidato la macchina del proprietario per un breve tragitto, ma non nel tratto ove ha avuto luogo l’incidente mortale.

Ciò nonostante tutti lo additano come colpevole, ed il ragazzo finisce in galera con un’accusa molto grave a pendere sulla sua persona.

Noi del pubblico sappiamo bene come si è svolta la vicenda: la polizia no, e le accuse in capo al ragazzo danno luogo ad una difesa ardua da parte dei legali di quest’ultimo, inasprendo gli animi e gettando le basi di un vero e proprio complotto costruito ad arte per addossare le colpe sull’unico estraneo alla compagnia.

Dal bravo cineasta cileno del film “To kill a man”, un film presentato all’ultimo Sundance, che si presenta a tratti inquietante, nello stile del precedente citato, ma anche piuttosto irrisolto, in cui la denuncia di accuse infondate che tuttavia riescono a incastrare e rovinare persone incensurate, si interseca un po’ macchinosamente sul discorso della problematica degli standard di vita della gioventù di oggi, incapace di divertirsi o trovare soddisfazione senza raggiungere estremi e situazioni al limite, ma senza fornirci stimoli particolarmente interessanti di riflessione o collegamenti evidenti con fatti o situazioni accadute nella realtà dei fatti.

Di certo Almendras trattiene gli istinti, ci presenta personaggi freddi, cinici, irresponsabili, e freddi, terribilmente freddi, tesi come il protagonista unicamente verso una propria soddisfazione personale che se ne infischia del rispetto degli altri.

Per questo il protagonista-vittima Vicente non riesce a suscitare mai né pietà né tenerezza, membro e simbolo quale è di un club di giovani egoisti e senza ideali che trovano nello sballo di una serata, l’unico modo per riuscire a provare qualcosa di simile ad una emozione: salvo poi risvegliarsi il giorno dopo e non sapere più nulla di quello che è stato, di quel che è successo, delle irresponsabilità a cui si è andati incontro anche solo per il fatto di aver partecipato al gruppo.

Dunque una vittima, legalmente, ma tutt’altro che innocente o meritevole di attenuanti o atteggiamenti di comprensione.

Tra gli interpreti, mediamente validi, riconosciamo solo i veterani Luis Gnecco (Neruda, Profugos e No di Larrain), ma soprattutto la "Gloria" indimenticata Paulina Garcia.

 

 

 

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