Regia di Erik Gandini vedi scheda film
Nel 1974 in Svezia venne redatto un manifesto che, in un connubio ideale con uno stato sociale solido ed efficientissimo, metteva al centro dell'attenzione l'indipendenza e la soggettività dell'individuo. Se da un lato quel progetto, figlio di una crescita economica fortissima e di un orientamento valoriale all'avanguardia, sembrava voler ottimizzare lo sviluppo dei singoli, dall'altro produsse una società composta da monadi in scarsa comunicazione tra loro, nella quale la metà circa degli individui vive da solo ed è concentrato soprattutto sulla realizzazione professionale. I conti di tutto questo individualismo sono spesso salati: i casi di persone che muoiono in totale solitudine aumentano di anno in anno, così come le reazioni di quella parte del corpo sociale che si ribella a tanto solipsismo, cercando il contatto con gli altri in forme talvolta parossistiche.
Dopo Videocracy, l'oriundo Erik Gandini - che da anni vive in Svezia - torna a mostrarci la sua prospettiva d'analisi da quella latitudine. Il documentario è accattivante e sociologicamente rilevante, ma le premesse di osservazione si svuotano nel pistolotto finale dai toni degni di Padre Amorth, con tanto di chiosa di Zygmunt Bauman, che offre l'ennesimo saggio di banalizzazione della sociologia.
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