Regia di Erik Gandini vedi scheda film
Attraverso consuete testimonianze odierne e immagini di repertorio, il regista si limita a esporre il modello di società indicato nel titolo e le conseguenze che il suo insorgere ha provocato in termini esistenziali. Da una parte esso ha di fatto eliminato nella vita di un cittadino svedese medio la presenza della burocrazia, rendendola di una semplicità quasi sconcertante: il pagamento delle varie utenze domestiche avviene con addebito permanente in conto corrente, a patto di avere un reddito. Tuttavia, a fronte di questo indubbio enorme vantaggio in termini organizzativi, il prezzo da pagare è davvero salato: gli abitanti svedesi risultano estranei a loro stessi, persino tra i vari membri di una famiglia, concentrati come sono nel raggiungimento di una realizzazione personale in ultima analisi solipsistica, che li porterebbe a un allarmante isolazionismo socio-emotivo.
In merito alle ripercussioni sul perpetuarsi di questo dissociativo assetto sociale, che sembra aver perso il concetto di condivisione reale ma che per paradosso consentirebbe un’interconnessione virtuale in teoria illimitata, le parole dell’esimio professor Bauman hanno certamente un peso notevole.
Ma il messaggio che il regista vuole lasciar passare, ovvero l’equazione indipendenza = solitudine, viene enunciato con schematico tono pedante, in facile contrapposizione a pochi casi di ribelli al sistema “rimasti umani” e all’esperienza sociale africana di un uomo “rinsavito” al culto del prossimo.
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