L'inquietudine di un uomo mentre attraversa a piedi una città, caotica e ricca di suggestioni.
Uno dei primi lavori (il primissimo?) per Romano Scavolini, che in quello stesso 1966 esordiva anche nel lungometraggio con l'interessante A mosca cieca, con il quale condivide atmosfere e parte della trama. Il regista e sceneggiatore negli undici minuti di Solitudine racconta l'esperienza 'flaneuristica' di un uomo, sempre visto di spalle, che attraversa una metropoli e si lascia suggestionare dai palazzi, dal via vai, dagli sguardi delle persone e perfino da quelli delle statue, che sembrano giudicarci. Un cortometraggio intellettualmente ambizioso, ma francamente poco incisivo, anche e soprattutto nei rari lampi verbali che irrompono per le parole di un narratore esterno interprete del flusso di pensieri - riflessioni esistenziali - del protagonista. A mosca cieca (noto anche come Ricordati di Haron) completerà lo spunto fornito da Solitudine. 5,5/10.
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