Regia di James Schamus vedi scheda film
Il film è fatto bene, un piacere guardarlo, anche se mi rendo conto che chi non conosce il romanzo può giudicarlo troppo verboso e lento. Purtroppo la colpa, in quel caso, non sarà del film, ma quella di non aver letto mai Philip Roth e i suoi migliori racconti.
Pensare di portare sullo schermo un romanzo di Philip Roth credo sia sempre un atto di coraggio o di incoscienza. O forse entrambi. Di certo bisogna amare lo scrittore, leggere tra le righe le passioni intime, le sensazioni che riesce sempre a dare al lettore, cogliere i profondi sentimenti che Roth trasmette con la passione che lo ha sempre contraddistinto, anche se perfettamente incanalato nella letteratura ebraica che conosciamo ancorché fuori dai soliti schemi più diffusi.
Coraggioso è stato in questo caso James Schamus, più noto come sceneggiatore e non di poco conto: la sua collaborazione frequente con Ang Lee ha portato frutti di ottima qualità, tipo Lussuria - Seduzione e tradimento, Tempesta di ghiaccio, film ad alto tasso di drammaticità e senso sorprendente di orientalità ma anche una commedia piuttosto spiritosa come Motel Woodstock. Questo per inquadrare il personaggio e la sua sensibile cultura. Se il tentativo di Ewan McGregor di realizzare sul grande schermo un’opera complessa come Pastorale americana mancando quasi completamente l’obiettivo – essendo questo un libro molto corposo, complicato e vasto, una sorta di ‘Guerra e pace’ moderna (ho sempre paragonato Philip Roth ai grandi scrittori russi, in particolare lo vedo come il Dostoevskij del ‘900) – Schamus invece centra il progetto, anche per il semplice motivo che Indignazione è un racconto più facile e più alla portata di mano per una persona abituata a scrivere. Lui riesce nel non facile compito di farci percepire anche nel film l’ansia, le sofferenze, i patimenti mentali del giovane Marcus Messner, le sue tribolazioni di giovane intelligente, perspicace e troppo “fuori portata” rispetto all’ambiente che lo circonda, alle persone che frequenta, agli studenti e alla famiglia, a cui tiene così tanto da soffrirne l’incomprensione che avverte. Le delusioni esterne, anche affettive, il distacco dalla mediocrità imperante, la perdita di amici e parenti nell’insopportabile guerra con la Corea lo fanno sembrare un marziano: dentro di sé lui avverte questa sensazione, avverte il disagio ma accetta con filosofia e adattamento e tira dritto, perché non ci sono alternative. Pare come se stia solo sperando che un giorno tutto ciò finisca e arrivi il momento che lo faccia sentire realizzato e compiuto nella vita, almeno dal punto di vista intellettivo.
Tutto ciò trapela dalle immagini di questo buonissimo film, anche per il merito da parte del regista e sceneggiatore per aver scelto un attore perfetto al ruolo, capace di trasmettere i vari sentimenti verso lo spettatore che si provano tra le pagine del libro, proiettandoci gli stati d’animo e le sue aspettative. Logan Lerman, capace di passare dai film d’azione dei supereroi (non capisco perché, con quel fisico di ragazzo dai buoni lineamenti sì ma non particolarmente dotato fisicamente) ai temi drammatici, dai fantasy ai teen-movies. Come era stato bravo in Noi siamo infinito, ancor più si materializza in questo buonissimo film, dando un’ottima prova delle sue capacità. Ma spero di rivederlo ancora in questo tipo di ruoli, verso cui lo trovo predisposto meglio che in altri.
Sarah Gadon? Beh, bella da attirare le attenzioni del timido Marcus nei panni della provocante Olivia lo è, anzi, anche troppo. Brava e se la cava ma certamente dimostra più degli anni della studentessa ribelle e irrequieta che le tocca recitare, ma è lodevole la sua resa. Come lo è l’ottimo Tracy Letts nei panni dell’ineffabile decano Cadwell. Insomma gli attori funzionano, l’abile regia ha reso il senso intimo del romanzo, l’ambientazione è praticamente perfetta, con i costumi realizzati con grande senso reale dell’epoca: tutto funziona. Il film è fatto bene, un piacere guardarlo, anche se mi rendo conto che chi non conosce il romanzo può giudicarlo troppo verboso e lento. Purtroppo la colpa, in quel caso, non sarà del film, ma quella di non aver letto mai Philip Roth e i suoi migliori racconti.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta