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Wiener-Dog

Regia di Todd Solondz vedi scheda film

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La recensione su Wiener-Dog

di mck
9 stelle

Au hasard Bassottina-Popò-HotDog-Cancro.

 

* * * * ¼ (½) - 8 ½ (9)

 

 

Con la sua limpida, basica, retorica (due mani...), netta, prevedibile, elementare (...che si cercano...), misteriosa, ri(s)cattatoria, stupefacente (...e si trovano) scrittura filmica, didascalica (i dialoghi sono carveriani nello spirito ma non nella sintassi, più ellroyana), prorompente ed inventiva (questo film è letteratura contemporanea: postmoderna, e, nel suo minimalismo, a tratti massimalista), Todd Solondz, compendio a e nemesi di...    

 

 

-[il David Lynch più lineare e pragmatico (Blue Velvet, Wild at Heart, the Straight Story), il Jim Jarmusch più classico (Broken Flowers), la narratività spinta di Woody Allen (“AnyThing Else” e “WatEver Works”) e le scaturigini stilistiche e storytellinganti di Miranda July, Noah Baumbach e Wes Anderson]-    

 

 

...P.T.Anderson, ha licenziato quella che forse se non la è certamente tra le sue opere migliori (siamo senz'altro sui livelli di “StoryTelling” e “Palyndromes”), supportato dall'impeto cromatico di Ed(ward) Lachman ("la Soufrière", "Lightning over Water", "Tokyo-Ga", "CatchFire/BackTrack", "Light Sleeper", "the Virgin Suicides", "the Limey", "Christ and Demons in New Spain", "Erin Brockovich", "S1m0ne", "Far from Heaven", "Ken Park", "A Prairie Home Companion", "I'm Not There", "Mildred Pierce", "Paradise: Love-Faith-Hope", "Carol", "WonderStruck"), alla seconda collaborazione col regista dopo “Life During WarTime”, che annega le ombre (negli esterni in pieno sole, negli interni naturali, e ad esempio proponendo un'elettro-traslucida nuit americaine bluastra vera come la finzione, tanto quanto il falso effetto retroproiezione ottenuto con l'intarsio a chiave colore dell'intermezzo ramingo) in una satura tavolozza pescante nell'acido e nel pastello colorandole di luce e mette tutto a fuoco in un quadro profondo, luminoso e netto.    

 

 

Julie Delpy (“Tre Colori: Bianco”, “Before SunRise-SunSet-MidNight”) e Tracy Letts (“Killer Joe”, “Bug”, “August: Osange County”), in overacting di sottrazione, riescono a restituire tutta la riconoscibile inadeguatezza genitoriale dei loro personaggi; Greta Gerwig (“Greenberg”, “Frances Ha”, “To Rome with Love”, “Mistress America”, “Lady Bird”) - che qui, oltre a trasformarsi in Chloë Sevigny, prende il posto di Heather Matarazzo nei panni resuscitati (dopo essere stati sepolti in “Palindromes”) a nuova vita e interprete di Dawn Wiener (“WelCome to the DollHouse”), come accadeva nel passaggio da “Happines” a “Life During WarTime” - e Kieran Culkin (“Margaret”, “Fargo-2”), sopravvissuti a loro stessi, s'inerpicano lungo lo stretto e ripido sentiero della felicità;    

 

 

Danny DeVito (direttamente da "AnyThing Else"), maschera tragicomica e resistente; Ellen Burstyn (“the Last Picture Show”, “the Exorcist”, “Alice Doesn't Live Here AnyMore”, “Providence”, “the Yards”) e Zosia Mamet (“Girls”, “Mad Men”, "United States of Tara"), nonna e nipote, chiudono il cerchio, riaprendolo. Da BoyHood (Keaton Nigel Cooke, che potrà essere Remi) a GirlHood [Melo Ludwig, ch'è stata le molte, giovani, (im)possibili Nana].    

 

 

Musiche di James Lavino e Nathan Larson, con un contributo di Devendra Banhart (“Niño”), vari Chiari di Luna di Claude Debussy (ad accompagnare una commovente carrellata laterale emo-diarroica) e un pezzo scritto e musicato da Scott Wittman e Marc Shaiman e cantato da Eric William Morris: “The Ballad of Wiener-Dog”.
Stoppate a 2:45, ché poi è - “Fantasy” dev'esser davvero un grande artista - SPOILER!


La vita è una ballata, e allora, giovane sopravvissuto, adulto alle soglie di una nuova vita e sull'orlo di un cambiamento, e anziano circondato da fantasmi quantistici, muoviti, cammina, danza (e presta attenzione al traffico, guarda a sinistra, a destra e ancora a sinistra, quando attraversi la strada), finché ce n'è.    

 

 

Il cinema di Todd Solondz è permeato da una crudele, feroce, insaziabile, insopprimibile, rassegnata e consapevole meccanica di disperante, fisiologica speranza.   

 

 

Life: INTERMISSION.      

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Ultimi commenti

  1. ezio
    di ezio

    Au Hasard Balthazar in versione canina dunque....brrr,forse l'ho detta grossa,ma mi pare comunque interessante,grazie Matteo.

    1. mck
      di mck

      In versione umana, sempre umana.

  2. Peppe Comune
    di Peppe Comune

    “C’è l’incontro con un giovane regista che è stato allievo di questa scuola, ci verresti, mi serve affluenza”, chiede la direttrice. “Verrò, occuperò un posto”, risponde calmo il professore di cinema. Acido nelle parole. E' vero, l'ho voluto mettere in risalto anch'io, il piccolo bassottino è l'omologo del "Balthazar" bressoniano, ma ancora più spaesato perchè tutto è diventato più insicuro, più evanescente. Grande film e ......grande Matteo. Ciao.

    1. mck
      di mck

      Grazie Peppe...
      Si, è una risonanza più che innegabile ed evidente: è voluta e fondativa. Un'architrave narrativa, un espediente, la cui presenza è stata per forza di cose rilevata da molti dei critici che si sono approcciati a quest'opera passata non dico inosservata...ma farei meglio a dirlo. E Solondz ha fatto di tutto per rendere esplicito ed evincibile questo omaggio, questa falsariga, dando a Robert quel ch'è di Cesare (nel senso: prima di Bresson, Dostoevskij e il suo "idiota" principe Miskin, parola dello stesso regista, e ancora, con assonanze ben più labili, Ronzinante, le epopee londoniane, la pascoliana cavallina testimone d'accusa, e, ultimo non ultimo, il nietzchiano/sabaudo tiro medio tarriteo, etc...). Penso ad esempio - in Solondz - proprio a quel timido cercarsi/trovarsi di mani (già presente in "Au hasard Balthazar") tra l'ex bulletto e l'ex...suicida.
      È tutto più evanescente (più "liquido"), e tutto, forse, più consapevolmente (il cargo dell'informazione e la conoscenza dilagano, mentre la morale e la coscienza non si adeguano) crudele. Ah, però, la tenerezza...! Un carissimo saluto, Peppe!

      PS. Ti dirò, in quella risposta alla collega-superiore il professore interpretato da DeVito mi sembra eserciti persino un tocco di - scusa la ripetizione - superiorità. Poi le vere intenzioni di lei (che riceverà la propria dose di delusione e offesa proprio da parte del figliol prodigo bimbominkia filmmaker/cattedratico: la vita è un cerchio sotto forma di rullo compressore...), il metterlo in guardia su cosa pensano docenti e studenti di lui, a prescindere dal valore che si può/vuol dare a questi mormorii cicaleggianti, vengono a galla: la sì acida routine quotidiana, rappresentata solo in parte dal cedere al trucco erto a pietra miliare della tegola, pardon, regola aurea degli "E se..." dati per scontati, è sia causa sia effetto della sua condizione...
      Un gran film.

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