Regia di Danièle Thompson vedi scheda film
Doppio biopic su due tra i massimi esponenti dell'arte e letteratura francese della seconda metà dell'800: due vite unite dall'amicizia, ma separate da ogni altro aspetto o caratteristica. Un film formalmente impeccabile, ma anche troppo poco scoppiettante di vita e di carattere.
Non un semplice biopic, bensì due in uno, secondo uno stratagemma che viene incontro ad una tendenza del cinema di oggi ormai dilagante, ovvero di dedicarsi a cinebiografie con sempre più frequenza.
Ed ecco che l'amicizia, la complicità, l'affiatamento lungo tutta una vita che ha legato due artisti di primo piano come Emil Zola e Paul Cézanne nella seconda metà dell'800, permette alla regista Danièle Thompson di fornirci un quadro d'insieme di due vite unite nell'amicizia più disinteressata e vera, favorite da circostanze favorevoli come la medesima età (quasi) e da una comune radice geografica, che li localizza in mezzo ad una Francia agricola ed amena di una Provenza lussureggiante e, è proprio il caso di dirlo, pittoresca, o comunque amena e suggestiva quanto basta per ispirarli.
Vite unite, ma anche separate da ogni altra circostanza: Cézanne era di famiglia ricca, quanto Zola di umilissime origini popolari; poi il successo arriso a quest'ultimo ancora giovane, che lo rende rispettabile e gli permette di scalare, anche socialmente, le barriere sociali fino a poco prima impenetrabili; destino opposto per il pittore impressionista, che abbandona gli agi natali molto giovane per dedicarsi ad un'arte che tuttavia non riesce né ad arricchirlo, né tantomeno a renderlo famoso e compreso.
Il film, interpretato da due famosi attori omonimi come Canet e Gallienne (Guillaume entrambi), punta su queste antetitesi sociali e pure su quelle fisiche (Zola si tortura per non riuscire a procreare, mentre Cézanne vive povero ma libero e con la prole che il destino riesce a dnargli senza troppe difficoltà), e si crogiola sin troppo lungo un paesaggio che in fondo è più la base ispiratrice dell'incompreso pittore, che lo sfondo ideale di partenza utilizzato da Zola, pur caposcuola del Naturalismo, ma più avvezzo alla denuncia economico sociale di certi strati a danno di altri.
Il film, tecnicamente molto classico, ben fotografato e impeccabile dal punto di vista tecnico, appare tuttavia un pò troppo impostato sul contesto geografico (e pittorico) e quindi spostato a favore dell'artista visivo (come preannuncia con una certa coerenza il titolo, che in qualche modo nasconde la presenza di Zola, di fatto figura non certo secondaria nel contesto della vicenda), piuttosto che sullo scrittore, che finisce per essere un supporto, una spalla del primo.
Come se la Thompson si sia voluta concentrare su una trasposizione tutta protesa alla forma e meno incline a descriverci la complessità di due perdonalità molto differenti e sfaccettate, unite dalla forza di un'amicizia che travalica ogni differenza caratteriale, sociale ed espressiva. Ovvero un biopic più improntato sulla forma che sulla sostanza dei fatti.
Si ha dunque l'impressione che si si sia fermati un pò troppo sull'apparenza, piuttosto che sulla sostanza, e la vicenda, nella sua impeccabilità di organizzazione e realizzazione, sembra piuttosto un buon prodotto televisivo girato con estrema accuratezaa nei dettagli, ma senza una vera anima che lo guidi verso territori magari più scomodi, ma ispirati.
Tra i due Guillaume, Gallienne appare quello più ispirato, favorito forse da un personaggio maggiormente costruito e sfaccettato, rispetto a quello che ci viene mostrato, pur con olenteroso impegno, dallo Zola reso da Canet.
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