Regia di Antonio Campos vedi scheda film
Tff 34 – Concorso 34.
Ispirato a una storia (tristemente) vera, Christine è quanto di più lontano ci possa essere da un film che punti a incrociare il gradimento del pubblico medio, abituato a cercare leggerezza o comunque qualche speranza a cui ancorarsi, mettendo in difficoltà anche il cinefilo, che vorrebbe qualche volo pindarico in più.
Antonio Campos preferisce un’adesione totale, talmente soffocante da impagliare il film stesso.
Sarasota (Florida), 1974. Christine Chubbuck (Rebecca Hall) è disposta a tutto pur di conseguire il successo personale, mentre la sua vita privata è un buco nero.
Quando si prospetta l’occasione di una promozione in una rete che garantisce una visibilità nettamente maggiore, Christine non vuole lasciarsi sfuggire un’occasione che le sembra irripetibile, arrivata al momento giusto.
Finirà in un (personale) vicolo cieco, sola contro tutti.
Christine Chubbuck è un esempio ante litteram di quanto le ossessioni umane possano spingerci in una via a senso unico, senza poter guardare con razionalità ciò che abbiamo intorno, impossibilitati dal capire i consigli degli altri, fino ad arrivare al momento in cui l’ultima goccia di speranza si esaurisce e lo schianto contro un metaforico muro è inevitabile.
Se oggi il mezzo televisivo mostra senza pudore di tutto e di più, tornando indietro di circa quarant’anni, l’informazione e la presenza davanti lo schermo avevano una dimensione diversa, comunque già in fase di trasformazione, come poi dimostra la tragica e ben nota fine di Christine, con un desiderio di sangue e violenza che spinge alla più clamorosa delle dirette.
Antonio Campos, bada al sodo; come da titolo, ha un personaggio chiave e rimane sempre focalizzato su di esso, descrivendone la graduale discesa negli inferi dell’interiorità umana, dettata da un’insoddisfazione e da un malessere inversamente proporzionali a ciò che riceve in cambio, ovvero poco (anche per colpa sua).
Intorno a lei, la cornice è fredda, forse un po’ troppo regolare e quindi poco appariscente, ma funzionale, con un ottima ricerca in fatto di suoni e scenografie asciutte.
Tutto è in funzione di un percorso, Christine è risucchiata in un vortice che la conduce a un fanatismo ossessivo, con il lavoro che finisce per divorarla e la felicità che si allontana, diventando sempre più irraggiungibile.
Nei panni di Christine, l’immersione di Rebecca Hall è totale; tiratissima, a tratti lucida, a volte debole, usualmente accecata dalla foga, molto brava a far percepire un malessere in rapida espansione.
Tirando le somme, Christine presenta un personaggio e un ambiente respingenti, una cappa che ovatta le emozioni, con un’attrice protagonista disposta a mettersi (di riflesso) a nudo, un’opera racchiusa che può essere presentata anche come un monito, per apprezzare ciò che si possiede, senza mitizzare il disagio (altrui).
Composto e metodico, un ufo che arriva dal passato mettendo alla prova.
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