Regia di Alessandro Di Robilant vedi scheda film
Ancora una storia di mafia, una storia necessaria e che va raccontata, quella di Rosario Lavatino, infelicemente (ma anche argutamente) apostrofato da Francesco Cossiga con lo sprezzante appellativo di "giudice ragazzino". Quel ragazzino stava, oltre che per la giovane età del magistrato, anche per lo sguardo che Lavatino aveva sulla sua terra inquinata da Cosa Nostra. Lo sguardo di quelli che vogliono cambiare le cose ed annientare il potere malato che imperversa nella sua patria. Il film dello svizzero Alessandro Di Robilant restituisce tutta la grandezza normale del civil servant Lavatino, grazie ad una superba interpretazione di un Giulio Scarpati scarno e dignitoso e ad una sceneggiatura di ferro firmata, tra l'altro, dall'espertissimo Ugo Pirro.
Ineceppibile opera di denuncia e al contempo film con una forte consapevolezza di una lunga tradizione alle spalle, Il giudice ragazzino ha il grande pregio di rievocare le gesta del protagonista senza enfasi e con molta naturalezza, riuscendo nell'intento della buona azione veicolata da un buon cinema. Fanno macchia, nel cast di supporto, l'ottimo Renato Carpentieri come mafioso della porta accanto e Roberto Nobile, ma a lasciare il segno sono i dolenti e premurosi genitori di Regina Bianchi e Leopoldo Trieste. Uno tra gli ultimi esempi di quel cinema civile medio e popolare che di lì a pochi anni sarebbe stato assorbito dalle fiction spesso mediocri del servizio pubblico.
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