Regia di Glenn Ficarra, John Requa vedi scheda film
Partirei dal finale del film: i due protagonisti, un tempo amanti, Kim ex inviata di guerra, Iain fotografo, si ritrovano dopo tanto tempo a confronto durante un collegamento in un telegiornale, condotto ora da Kim, che grazie alle sue gesta in Afghanistan ha fatto carriera. Mi metto nei panni di uno spettatore immaginario di quel telegiornale, e mi chiedo se si sarebbe mai posto domande del tipo: come è arrivata la donna a trovarsi lì? come ci è arrivato l’uomo? c’è una relazione che li lega? uno più uno fa due o fa uno? Naturalmente nessuno mai lo farebbe: eppure dà da pensare che tutti quanti siano il prodotto finale di una serie di processi che non immagineremmo mai, e siano le risposte a tante domande che non ci verranno mai in mente. Whiskey Tango Foxtrot è il ponte che si staglia sopra il burrone, un corridoio fra universi, la scintilla che, materica, si accende fra i due sguardi, è il substrato dietro la maschera. Commedia bellica con accenti piccanti - sul solco del seminale MASH, anche se infinitamente meno esplicita e guascona e priva di volontà demistificanti, il film di Altman del resto era a trazione machista, qui prevale di gran lunga il lato femminino – Whiskey Tango Foxtrot non scherza scopertamente col tema della guerra, sebbene grande affiori talora la tentazione, ma ad ogni modo la tratta come una delle molteplici forme di espressione dell’uomo, una maniera come un’altra per conoscersi, innamorarsi, farsi strada nella vita, persino una diversione, una via di fuga, asciugando l’agone bellico delle connotazioni più nere. Peccato che la forma del film, talvolta improntata a un femminismo raccogliticcio o a un linguaggio esasperatamente sporco, non sempre sostenga con uguale fermezza il bel pensiero alla base.
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