Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Che il cileno Larraìn dovesse fare i conti, prima o poi, con uno dei grandi protagonisti letterari e politici del suo paese, era doveroso. Larraín è ormai un maestro del cinema sudamericano, con una trilogia di film belli e dolorosi sulla storia recente del suo martoriato Cile. Girato, pare, come progetto parallelo alla biografia su Jacqueline Kennedy, in uscita in questi giorni e di ben altro budget, "Neruda" è un viaggio sulle tracce del poeta, quando nel 1948 fu costretto all'esilio dal governo fascista di Videla. Il regista ne racconta gli avvenimenti, permeando il tutto in un'atmosfera sospesa, un realismo magico che s'impregna certamente della poesia del protagonista, che proprio in quel periodo scrisse i suoi "Cantos Generales", forse la sua opera più politica e importante, ma anche dei lati, per così dire, meno nobili del personaggio Neruda, ricco di sfaccettature e vizi, arrivando a chiedersi, più o meno velatamente, se quel comunismo, un po' d'elite, borghese, sarebbe stato in grado di coinvolgere e salvare davvero il popolo che lo stesso poeta cantava. La Storia, quella con la esse maiuscola, risponderà nel modo barbaro che tutti conosciamo. Alle calcagna della figura ingombrante del poeta, troviamo un ispettore di polizia, personaggio di finzione, che prova a catturarlo su mandato del presidente, trasformando ulteriormente il film in un godibile noir anni cinquanta, sfruttando la tecnica di ripresa dei classici di quel periodo. Una trovata geniale che frammenta ulteriormente una biografia, peraltro molto limitata nel tempo-vita di Neruda, che declina ogni banalità del tipico biopic. Tutto questo magistralmente girato da un Larraín che continua a stupire per coerenza e bellezza del suo Cinema. Ritratto, quindi, molto interessante, dove la poesia non ha il sopravvento, dove la facile retorica scompare, (evviva), dove la Storia sanguinosa della sua patria è comunque ben presente e che ci restituisce il ricordo di uomo che attraversando la Cordigliera, con il suo esilio e la sua scrittura, ha davvero elevato la poesia a una forma d'amore più alta: quella della Resistenza.
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