Regia di Oliver Stone vedi scheda film
Un gran bel film su uno degli orrori più gravi e insieme taciuti del Novecento: la violenza di stato degli Usa, che in Salvador ha mietuto migliaia di vittime. Se, come è accaduto, si moltiplica il discorso per centinaia di realtà simili, i numeri messi assieme fanno a gara con i peggiori genocidi, del ‘900 e non solo; di certo tali numeri non sono inferiori ai peggiori genocidi, anche nei più benevoli calcoli.
La storia vera è messa in scena perfettamente: sia che s’interpellino gli scandali più notori, come quelli contro il vescovo Romero, sia quelli perpetrati contro gente dal nome meno altisonante (ma non per questo gli scandali sono di levatura minore). Il vescovo che fa il cristiano (tanti vescovi e religiosi non hanno certo fatto i cristiani fino in fondo, anzi), lotta per gli oppressi e denuncia i potenti oppressori, va incontro ai rischi e per questo viene ucciso: questo scandalo, per quanto grandissimo, non è superiore a quello del ragazzino trucidato dalle forze dell’ordine per motivi non accertati, e comunque ingiustificabili; non è superiore nemmeno a quello dell’attivista per i diritti umani stuprata, e poi uccisa perchè non potesse parlare, assieme a tre suore che han condiviso la sua orrida sorte.
Il film ha il merito di riprodurre storia vera, non fantasticherie sempre adatte all’evasione: mostra con chiarezza i responsabili, anche se tali responsabili sono tutelati da un potere che si mostra iniquo, e avversario fiero dei principi di “libertà e democrazia e giustizia” che apparentemente sono l’unica stella polare del suo agire, per quanto costantemente smentiti dai fatti.
Il realismo è commuovente: quello della gente povera, che ha trovato il socialismo come via migliore per combattere le ingiustizie micidiali del capitalismo. Ma essi sono contro gli Usa non perché fieramente colti comunisti, ma semplicemente perché lottano contro l’ingiustizia, perpetrata da corrotti e azzimati e ricchi dirigenti. Quei lottatori, destinati a un tragico e nel complesso ingiusto insuccesso, non sono marxisti per l’ideologia: lottano per la giustizia sociale, in modo elementare ma ineccepibile. Questo grande valore della lotta anticapitalista è resa bene nel film, ed è una delle chiavi di lettura di maggior rilievo della storia, da ameno due secoli.
Ma il film ha anche il merito di evitare, appunto, ogni facile e retorica, falsa (e quindi così già battuta da altri), disonestà intellettuale: infatti il protagonista attacca anche i rivoluzionari. “Siete già come loro”, accusandoli di applicare una forma di ingiustizia e violenza, pur con il pretesto apparentemente corretto di combattere l’ingiustizia: ma è sbagliato, ovviamente, passare dalla parte del torto (tutta la critica verso Lenin, Stalin, Mao… passa in una battuta incontestabile).
Ciò detto, non si può che plaudere per la serietà nel contributo alla ricerca storica della verità: osceno è il depistaggio di stato contro i rivoluzionari poveri, quando sono accusati dell’omicidio di Romero, e anche dello stupro e omicidio delle suore, che invece sono stati perpetrati da uomini legati al potere conservatore, di quella destra che si sentiva perfettamente tutelata dalla macchina di illegalità organizzata dallo stato, e dalla macchina di impunità garantita dagli Usa.
Il film ha inoltre il pregio di mostrare questo: i giornalisti, anche se abietti, sono mille volte meglio di coloro che lì (e non solo lì) sono i potenti rispettati. I giornalisti sono persone squallide, non sanno far di meglio che essere ubriachi e sfruttare costantemente prostitute, proprio in paesi dove la prostituzione conviene a chi viene dall’estero, che però in casa sua è povero (e che anche proprio per questo ama i paesi poveri, per poter soddisfare i suoi istinti al minor prezzo, quello che per loro in patria è inaccessibile).
Questi personaggi, oggettivamente riprovevoli, sono appunto infinitamente meglio di chi gestisce il potere: da una parte i clerico fascisti, cioè i creoli e coloro che sono discendenti della classe dirigente, così violenta; e dall’altra gli Usa, che li finanziano a colpo di tantissimi dollari, milioni, e che coprono la verità della loro aggressione attraverso una marea di balle, ben montata da mass media asserviti, buoni a dire il falso e ugualmente buoni e negare il vero.
Peccato però che la verità nascosta sia quella che rende onore ai poveri perseguitati, e che la falsità passata per vera sia quella che fa comodo a una ristrettissima minoranza di violenti e iniqui, indios in loco e americani che vengono dal di fuori. Il film sarà didascalico, ma proprio anche in questo ha un suo gran pregio: “chiama bene il bene, e chiama male il male”.
Questo film è anche un inno al Giornalismo. Chi fa quel mestiere dovrebbe solo avere come stella polare la necessità di far emergere le offese ai diritti umani, in modo che tali offese non si possano più ripetere, in quanto l’opinione pubblica dovrebbe già essere stata sufficientemente avvertita, e quindi non dovrebbe tollerare più tali errori che possono in futuro capitare anche a qualunque appartenente a tale opinione pubblica. Il valore che lo squilibrato giornalista ha è eccezionale: gli diranno, nel migliore dei casi, che è inattendibile. Ma in realtà ha molto più rispetto del vero lui, che denuncia tutte le falsità dei crimini di stato, almeno quelli le cui vittime ha conosciuto bene, come Romero e l’assistente sociale.
Poi si mostra chiaramente come al giornalista convenga ben altra strada, al fine di far soldi e carriera: leccare i piedi, e mostrare come vero ciò che è falso, e mostrare come falso ciò che è vero.
La fotografia è splendida: non si può dimenticare la guerriglia urbana, specie quella a cavallo. Stone ha anche il merito di mostrare i morti dilaniati, nelle peggior condizioni, senza però creare quel ribrezzo che impedisce di andare avanti a vedere il film.
James Woods rende alla perfezione una parte molto intensa e difficile. Se non do 10 a questo film, è solo perchè c’è una chiara differenza tra la prima metà e la seconda. La seconda è densissima di cose serie e vere e rese in modo mirabile. La prima invece si dilunga troppo, soprattutto su particolari squallidi dei protagonisti: roba che giustamente potrebbe avere reso il film inviso al pubblico femminile, a danno dell’ottimo film però, appunto.
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